mercoledì 31 dicembre 2008

Auguri e confessioni di fine anno

Sono le 19,00 e in casa, con Renata, aspettiamo che vada via il maledetto bisestile. Lei, in cucina, prepara il cosiddetto cenone; io guardo la televisione. Alle 22,00 arriverà Agostino, un nostro amico italiano, anche lui “emigrato” in Bulgaria. Stasera abbiamo deciso di accomunare le nostre solitudini per farci vicendevole compagnia. Un calcio a problemi, pensieri e dolori: bisogna essere forti e allegri in attesa di un futuro che ci auguriamo migliore. Ricordo questo augurio da quando ero bambino e tuttora, da quasi vecchio, lo sto aspettando, d’altronde quello che fortifica e’ la speranza. Gli ebrei aspettano il Messia da oltre duemila anni, io solo da sessantotto.
Mi faranno compagnia, oltre a Renata e l’amico Agostino, i miei vecchi. Mamma e’ morta da cinque anni e papa’ da uno, ma stanno a cena con me perche’ di mia madre indosso il vecchio maglione di lana, lavorato dalle sue mani d’oro, e di mio padre, invece, la fede nuziale che mi ha regalato, in suo ricordo, dopo che era morta mamma. Degli altri parenti ho sicuramente l’affetto di mia cugina Lilla, una donna eccezionale che mi adora, nonostante tutti i miei difetti e io adoro lei. Per i miei figli e mio fratello non merito lo stesso affetto, probabilmente hanno ragione, ma qualche volta si e’ costretti a vivere il proprio destino; evidentemente il mio era questo e lo vivo.
Vivo in simbiosi con la mia compagna che, a sua volta - avendo perso da poco la figlia maggiore Monica - ha bisogno adesso di quella particolare attenzione e affetto, per un dolore che solo il tempo puo’ lenire. L’amore – sempre - e’ rafforzato nel dolore.
Nonostante tutto, ci rimane ancora l’affetto della gatta, affetto ricambiato (e possono capire questa condizione solo le persone che hanno un animale in casa), e soprattutto sentiamo l’affetto di tanti amici che ancora ci vogliono bene e ci stimano.
A loro per primi e poi a tutti gli altri, parenti compresi, vanno i nostri auguri incondizionati e sinceri di Buon Anno. Che il 2009 possa portar loro – per prima cosa – tanta salute e serenita’, perche’ sono le vere ricchezze della vita; se poi, insieme a queste, ci fossero anche la pace, il benessere e l’amore, questo sarebbe il companatico da mettere nel panino della salute e della serenita’ e buon appetito!
Mentre scrivo vedo, in strada, gente che lancia i soliti botti che vogliono scacciare l’anno che se ne va. Anche a loro e a tutto il mondo lo stesso augurio, con la speranza che i botti non portino loro disgrazie per l’anno che arriva.

lunedì 22 dicembre 2008

Buone Feste

Faccio finta di dimenticare il precedente post e mi adeguo e conformo all’ormai classico augurio che tutti ci scambiamo in questo periodo, percio’:


a tutto il mondo: cristiani, ebrei, musulmani, buddisti, induisti, animisti, credenti e miscredenti, buoni e cattivi, ricchi e poveri, oppressi ed oppressori, carcerati e carcerieri, buon viaggio a chi parte e benvenuto a chi arriva, ai miei amici e ai miei nemici, a chi vuole costruire un mondo migliore e a chi vuole distruggerlo, a chi ci governa e a tutti i politici, ai lavoratori e ai fannulloni, ai poliziotti e ai ladri, ai giudici e agli indagati, a chi spara e a chi e’ colpito, ai sani e agli ammalati, a chi gioisce e a chi soffre, e un augurio particolare a tutti i bloggers.
Mi illudo che questo augurio possa illuminare le menti e i cuori malvagi e migliorare i buoni: che ci sia pace nel mondo, che il ricco aiuti il povero, che il colore della pelle non sia una colpa o un peccato, e so gia' che domani, invece - con il nuovo giorno o con il nuovo anno - tutto continuera’ come prima. Ma bastera’ che anche una sola goccia d’acqua inumidisca l’aridita’ dei nostri cuori, per poter sperare in un mondo migliore.
E io, a questa speranza, voglio ancora aggrapparmi.

lunedì 15 dicembre 2008

Bush al Luna Park




E’ salita agli onori della cronaca la scarpa. I modelli made in Italy, naturalmente, non trovano eguali nel mondo, ma una volta tanto e’ anche giusto che anche in altri paesi trovino la meritata ribalta.
Cosi’ che abbiamo la scarpa russa che, in mano a Krusciov, nel settembre del 1960 al Palazzo di Vetro, assaggia la bonta’ del legno dei banchi dei delegati. Il segretario generale del Pcus intende protestare, in modo cosi’ singolare, contro il discorso del rappresentante spagnolo, battendo in modo cadenzato la scarpa sul banco, e sembra che anche il ministro degli esteri Gromyko, in modo piu’ sommesso, abbia imitato il suo segretario generale.
Dopo 48 anni, torna alla cronaca la scarpa di un giornalista che, in Iraq, scaglia le sue contro il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, anche lui in segno di protesta. I due episodi sono lontani nel tempo e la scarpa e’ usata in modo differente. Mentre nella prima occasione serve solo per rumoreggiare in modo insolito, nella seconda e’ usata come arma impropria per essere scagliata in faccia a Bush.
Certamente, quest’ultimo, se avesse fatto il pugile avrebbe avuto ottimi successi e avrebbe fatto molti meno danni di quanti ne abbia fatti da Presidente. Quello che ha sorpreso tutti coloro che hanno visto il filmato, infatti, e’ la rapidita’ di Bush nell’evitare le scarpate, con torsioni del busto da fare invidia a Mohammed Ali.
I servizi di sicurezza intervenuti, hanno bloccato rapidamente il giornalista e la storia sembra (ma non ci giurerei) sia finita li’. Ma da domani, sicuramente, ogni giornalista dovra’ stare attento ai propri calzini. Chi partecipera’ a una conferenza stampa, tra le altre misure di sicurezza, dovra’ togliersi anche le scarpe, purche’ non esca fuori il ditone dal calzino bucato.
Le cronache ci dicono che la misura delle scarpe era la 44, che potremo giocare al lotto abbinandolo al 72 „a maraviglia” (lo stupore). La marca delle scarpe non si sa, peccato! Se prendesse piede (sic!) questa usanza contro i politici e la politica, in breve la crisi del settore sarebbe superata.

venerdì 12 dicembre 2008

13 Dicembre: per S. Lucia si mangia cuccìa

Oggi si festeggia Santa Lucia, santa ricordata in tutta Italia, ma particolarmente cara a tutti i siciliani, essendo nata e martirizzata a Siracusa. E’ la santa patrona della vista e di quelle persone sofferenti di questo organo. E’ ricordata sia nella chiesa cattolica che in quella protestante e ortodossa. Particolarmente cara agli svedesi che la onorano con una festa tradizionale e dei biscotti fatti per l’occasione.
In Sicilia e in molte regioni del sud e’ tradizione, per onorarne la memoria, mangiare per il 13 dicembre solo la cuccìa, un piatto che si affida a una lontanissima tradizione. Ricordo che quando ero bambino non vedevamo l’ora che le nostre mamme ci chiamassero per dirci che la cuccìa era pronta. Io personalmente ne ero e ne sono tuttora ghiottissimo. E’ un piatto nato povero, nelle case del popolo, ma adesso si puo’ trovare anche nelle pasticcerie siciliane piu’ rinomate, a prezzi scandalosi, e ho avuto modo di accorgermene quando in una citta’ come Roma, era difficile trovare la materia prima, cioe’ il frumento, per farla preparare in casa da mia madre. Ho riscontrato che fanno qualcosa di simile anche in Polonia come una delle 12 portate di Natale, ed e’ chiamata kutia.
Sperando di indovinare le dosi, vorrei qui trascrivere la ricetta della cuccìa che faceva mia madre:
Mettete a bagno per 3 giorni 1 kg. di frumento (che sarebbe il grano); la stessa cosa fate con 500. gr. di ceci secchi, mettete in pentola il tutto con acqua e lasciar cuocere lentamente fino a sentirli morbidi, quindi scolarli; passate al setaccio finissimo 2,5 kg. di ricotta, aggiungete 400 gr. di zucchero, mescolate fino a farle avere cremosita’, poi aggiungete frumento e ceci, 100 gr. di cucuzzata tagliata a piccoli pezzetti, una grattugiata di scorza di limone e 0,250 lt. di vino cotto, mescolando bene il tutto.
Se trovate il frumento e non trovate il vino cotto, al posto di quest’ultimo si puo’ aggiungere cioccolato amaro tagliato finissimo o anche miele. Il frumento e’ la base indispensabile.
E buon appetito, per tutto il giorno!

mercoledì 10 dicembre 2008

Maledetto Natale, ti odio

Primo millennioRicordo con nostalgia e rimpianto i primi anni dell’infanzia, quando – in occasione delle feste natalizie – tutto il parentado si riuniva in casa di zia Giovannina, che aveva una casa molto grande, trascorrendo la vigilia tutti insieme, gli uomini a giocare, ballare e suonare in attesa del cenone che le donne erano intente a preparare in cucina. Nostalgia per anni poveri e sereni che non torneranno piu’, e rimpianto per un’infanzia che e’ sfumata irreversibilmente nel tempo. Nonno Turiddu ci allietava con la sua chitarra suonando e cantando, noi bambini nella trepida attesa di quel che ci avrebbe portato nella notte il Bambino Gesu’. Il pomeriggio scorreva veloce fino alla cena che era annunciata dalle donne: „Adesso basta, tutti a tavola!”. Eravamo, compresi i bambini, almeno una trentina, una tavola principale lunga e poi altri tavoli apparecchiati per l’occasione. Le famiglie allora erano quasi tutte numerose.
Alla vigilia era vietato mangiare carne, quindi le vivande erano conseguenziali: come primo piatto pasta con le sarde (particolarmente apprezzata da noi siciliani), poi baccala’, anguille, cereali e verdure cucinati e fritti in tutti i modi, dolci fatti in casa, vino e acqua. Non ci si poteva permettere di piu’, ma si viveva la giornata in perfetta serenita’ e tanta allegria, i regali per noi piccoli nascosti sotto il camino. Per gli adulti erano sufficienti un abbraccio e una stretta di mano: il piu’ bel regalo che ci si potesse scambiare.
Alle 23,30 tutti o quasi in chiesa per assistere alla messa di mezzanotte, si tornava a casa e si continuava ancora a giocare e ballare fino alle prime luci dell’alba. Il 25, Natale, si continuava con lo stesso ritmo della vigilia, giocando e pranzando a base di carne che poteva variare dalla capra alla pecora, dal montone al maiale appena ammazzato, il massimo che potesse passare il convento allora. La tavola restava apparecchiata, praticamente, per tre giorni. Ricordo con quanta ansia e desiderio aspettavamo, noi bambini, i regali che il Bambino Gesu’ avrebbe portato nella nottata e la felicita’ nel giorno di Natale quando li trovavamo accanto al camino: qualche mandarino, forse una pera, mandorle e noci, dei dolcetti (cosi duci) di zucchero o marzapane e, se si era fortunati, anche una palla di pezza.


Secondo millennio
Ogni anno, a Natale, cerchiamo disperatamente di ritornare ai tempi che furono, ma che solo in rari casi saranno testimonianza vera di un evento che fa parte della nostra cultura e tradizione cristiana. In Bulgaria, dove ancora le tradizioni sono piu’ sentite, stiamo a meta’ percorso, penso pero’che anche qui il consumismo poco per volta uccidera’ anche queste. Poveri bulgari, dal comunismo al consumismo, come dire dalla padella alla brace!
Decoriamo case, alberi, vetrine di luci e colori scintillanti che nell’inconscio dovrebbero illuminare e riscaldare i nostri cuori. Tutti i canali televisivi ci spingono alla solidarieta’, alla bonta’, alle donazioni perche’ ognuno di noi possa coprire, con questi piccoli gesti, i rimorsi dei nostri egoismi giornalieri. Essere buoni per un giorno ci illude di essere solidali col vicino, col barbone, con il povero, con chi non ha ospedali per curarsi, acqua per bere, pane per sfamarsi, facciamo l’elemosina persino al rom parassita al quale ieri avremmo voluto dare un calcio, e questo tranquillizza le nostre coscienze. Cellulari bollenti per inviare messaggi, telefonate e cartoline alle persone che abbiamo sentito l’ultima volta, forse, il Natale scorso, augurando loro tutte le piu’ belle cose e le piu’ accattivanti espressioni di affetto.
Subito dopo c’e’ da pensare ai regali: genitori ai figli, figli ai genitori, ai nonni, agli zii, agli amici. E dobbiamo romperci il cervello per regalare qualcosa che forse non piacera’ a chi la riceve e probabilmente la riciclera’ a qualche altro amico. Forse i soldi non bastano, allora bisognera’ cambiare regalo altrimenti addio settimana bianca. Per il cenone che si fa? Tempi critici, adesso! Ma bisogna consumare, lo consiglia anche il governo, e’ l’unica medicina che puo’ guarire l’Italia; nei negozi si trova tutto: tortellini, capitone (nel primo millennio si chiamava anguilla e costava pochissimo), gamberoni, salmone, carciofi, fritti misti di verdure, panettone, spumante, vino, acqua. „Speriamo di vincere giocando a poker o sette e mezzo, altrimenti sono cazzi”. A mezzanotte si brinda e poi si torna a giocare. E alla messa di mezzanotte? „No, stasera non mi va, ci faccio una scappatina domani, piu’ riposato”. La cosa importante, adesso, e’ stare tutti insieme (pensa alla fatica che abbiamo fatto per riunirci), per illuderci di essere tutti fratelli, che ci vogliamo un bene matto, tanto c’e’ sempre qualcuno che in questi giorni si occupa dei poveri e dei barboni, e quindi che vogliono di piu’?
Sara’ Natale anche per il soldato e per il terrorista, che passano la vita armati di bombe e fucili, chi per difendersi e chi per offendere. A mezzanotte si posano le armi, si brinda e si canta Bianco Natale. Per ammazzarsi c’e’ sempre tempo. Domani i telegiornali continueranno a trasmettere le solite notizie: attentato a un convoglio Nato in Afghanistan; caccia a un pirata della strada che uccide due giovani; sanguinosa rapina in un supermercato; vile attentato di camorra: uccisi due innocenti; sempre piu’ grave l’epidemia di colera in Zimbawe: centinaia i morti mentre ritardano gli aiuti umanitari; bombe israeliane su Gaza, Hamas risponde con i missili sulle citta’ israeliane...
E la vita continua... Se questo e’ Natale, allora
BUON NATALE A TUTTO IL MONDO
Честита Коледа и на целия свят

sabato 6 dicembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 16

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)

Dalla Collana „Le Perle”:

Proverbi di Salomone

Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge
La traduzione dei testi e’ stata presa da: „La Sacra Bibbia” per gentile concessione delle „Edizioni Paoline”

Ho voluto, sul mio blog, far rivivere queste miniature di Franco Spinosi, per due motivi: il primo e’ per ricordare il mio amico e rendergli il giusto omaggio ad oltre un anno dalla sua scomparsa; il secondo perche’ queste massime, questi proverbi, queste parole scritte da autori vissuti alcuni in tempi remotissimi e altri solo remoti, tuttavia, pur nel loro linguaggio talvolta astruso ed arcaico, sono opere senza tempo, sempre attuali, ieri come oggi e per il futuro. Mi ritrovo a riflettere, dopo averle battute e rilette sul computer, che basterebbe applicare – ognuno di noi – la centesima parte di quanto contenuto in esse, perche’ il mondo possa esser reso migliore, per renderci conto che ognuno di noi e’ fratello all’altro, sia esso povero o ricco, che sia bianca o gialla o nera la sua pelle, qual che sia la sua religione e il suo credo. Io ho questa speranza, spero di trovare altri uomini di buona volonta’... (u fissa)

Non tramare alcun male contro il tuo prossimo, mentre egli vive in piena fiducia con te (3-29).
Non questionar con nessuno senza motivo, quando altri non ti fan nulla di male (3-30).
Non dire a chi ti chiede: „Vattene! Ripassa, te lo daro’ domani” quando la cosa e’ in tuo potere
(3-28).
Confida nel Signore con tutto il cuore, ma non basarti sulla tua prudenza (3-5).
L’abbandono della sapienza uccide gli sciocchi, e la noncuranza rovina gli stolti (1-32).
Principio di saggezza: credi alla necessita’ della sapienza, e a costo di quanto possiedi procura di acquistarla (4-7).
Non crederti saggio agli occhi tuoi, ma temi Dio ed evita il male
(3-7).
Non negare un beneficio a chi lo chiede, quando sei in grado di farlo (3-27).
Piu’ di tutto veglia sul tuo cuore, perche’ da quello sgorga la vita
(4-23).
Non invidiar il trionfo del prepotente, ne’ seguire alcuna delle sue vie; perche’ i perversi son l’abominio di Dio, mentre i giusti sono i suoi confidenti (3-31, 32).
Bevi l’acqua della tua cisterna, e quella che sgorga dal pozzo, ch’e’ tuo (5-13).
Sia benedetta la tua sorgente! Trova la gioia nella donna della tua giovinezza! (5-18).
La gloria e’ parte dei saggi, e l’ignominia la sorte degli stolti (3-35).
Va’ a vedere la formica, o pigro! Mira quello che fa e diventa saggio (6-6).
Chi puo’ camminare sopra la brace senza scottarsi i piedi? Tal e’ colui che vuol godere la donna del prossimo: chiunque la tocca non rimarra’ senza danno (6-28, 29).
Principio della Sapienza e’ il timor di Dio; ma la saggezza e disciplina sono scherno per gli stolti
(1-7).
Quando la sapienza entrera’ nel tuo cuore e la sua conoscenza formera’ la delizia dell’anima tua, allora la prudenza vegliera’ su di te, e ti fara’ da guardia la discrezione, per tenerti lontano dalle vie del male, dall’uomo che nutre perversi disegni, da quanti, abbandonati i retti sentieri, corrono per vie tenebrose (2-10, 13).
Non riprendere l’arrogante: ti prendera’ in avversione; correggi il savio e ti amera’ (9-8).
Da’ consigli al savio e lo diverra’ ancor di piu’, istruisci il giusto e crescera’ nel sapere (9-9).
Dio non lascia patire la fame al giusto, ma delude la cupidigia dei malvagi (10-3).
Chi non corregge per debolezza, danneggia; chi riprende con franchezza, dona tranquillita’ (10-10).
Chi raccoglie in estate, e’ persona avveduta, ma fa vergogna l’uomo che dorme alla mietitura (10-5).
Chi agisce con schiettezza, cammina sicuro, ma chi segue le vie storte, e’ presto scoperto (10-9).
Chi parla molto, non va immune dai falli: e’ quindi prudente chi frena la lingua (10-19).
Il salario del giusto serve alla vita, il guadagno dell’empio sfuma nei vizi (10-16).
Sulle labbra del savio trovi la sapienza, sulla schiena dello stolto trovi il bastone (10-13).
Non servono le ricchezze quando giunge il castigo, ma e’ la giustizia che libera dalla morte (11-4).
Donna virtuosa e’ l’onor del marito, ma trono di vergogna e’ una donna viziosa (11-16).
La benedizione degli onesti edifica la citta’, ma la bocca dei malvagi la demolisce (1-11).
La signora follia e’ frivola, una sciocca che non sa niente (9-13).
Cerchietto d’oro alle nari di un porco e’ una donna bella, ma priva di senno (11-22).
All’empio accadra’ quello che teme, il giusto otterra’ quello che brama (10-24).
L’uomo generoso fa del bene a se stesso, il duro di cuore strazia la propria carne (11-17).
Chi mette discordia in casa sua, eredita il vento, e lo stolto diventa schiavo del saggio (11-29).
La donna virtuosa forma la gloria di suo marito, ma quella che lo disonora e’ come carie nelle sue ossa (12-4).
Se il giusto riceve qui in terra la sua punizione, quanto piu’ l’empio e il peccatore? (11-31).
Un uomo comune che basti a se stesso, val piu’ d’un borioso che manca di pane (12-9).
Lo stolto manifesta subito la sua collera, l’uomo accorto dissimula l’offesa (12-16).
La mano pigra impoverisce, ma quella operosa fa arricchire (10-4).
L’odio suscita contese, la carita’ invece copre ogni fallo (10-12).
La scienza del saggio sta nel conoscere la propria via (14-8).
Chi veglia sulla lingua, conserva la sua vita, chi parla troppo va in rovina (13-3).
Chi disprezza il comando si perdera’ (13-13).
Ricchezza acquistata alla svelta svanisce, ammassata a poco a poco si accresce (13-11).
La giustizia rende un popolo grande, il vizio lo conduce alla decadenza (14-34).
La mano operosa comanda, quella pigra serve (12-24).
Il timor di Dio e’ l’odio del male (8-13).
Senza buoi, granaio vuoto, bove robusto raccolto abbondante (14-4).
Le parole dello stolto son la verga del suo orgoglio (14-3).
Il povero e’ odioso persino ai parenti, il ricco invece ha molti amici (14-20).
Il ligro non riesce ad arrostir selvaggina (12-27).
L’uomo prudente non vanta il suo sapere (12-23).
In ogni luogo sono gli occhi di Dio: egli osserva buoni e cattivi (15-3).
Anche fra le risa il cuore puo’ trovar della pena, e la gioia puo’ mutarsi in dolore (14-13).
Un popolo numeroso e’ la gloria di un re, la scarsezza dei sudditi e’ la rovina di un principe (14-28).
Per il povero tutti i giorni sono tristi, per il cuore felice e’ destino perpetuo (15-15).
Speranza differita fa languire il cuore, desiderio soddisfatto ridona la vita (13-12).
Chi risparmia la verga, odia suo figlio, chi invece lo ama, prodiga correzioni (13-24).
Ogni cuore e’ solo a soffrir le sue pene, e non ha socio nel gustar le sue gioie (14-10).
Meglio incontrare un’orsa privata dei piccoli, che uno stolto nel suo delirio (17-12).
Chi coltiva l’amicizia, sa celare le colpe, ma chi le svela perde gli amici (17-9).
Vi e’ un crogiolo per purificare l’argento e il fornello per l’oro, ma i cuori li prova il Signore (17-3).
Il Signore ha fatto ogni cosa per un fine, e persino l’empio e’ creato per il giorno della sventura (16-4).
Chi tien gli occhi fissi, macchina inganni; chi preme le labbra ha gia’ commesso il male (16-30).
L’appetito dell’operaio lavora per lui, che’ l’esigenza della sua bocca lo stimola (16-26).
Meglio aver poco e goderlo nel timor di Dio, che possedere un gran tesoro nell’inquietitudine (15-16).
Meglio un piatto di verdura condito d’affetto, che un bue grasso con contorno di odio (15-17).
Appartiene all’uomo far nel suo cuore dei progetti, ma spetta a Dio la decisione (16-1).
Chi vive isolato, segue i suoi gusti, e si irrita contro ogni consiglio (18-1).
Chi trova una donna buona, ha trovato la fortuna, ha ottenuto un gran dono da Dio (18-22).
Un regalo in segreto, placa la collera, un dono sotto il mantello calma il furore (21-14).
Il giudice corrotto accetta regali sotto il mantello, per mutare il corso della giustizia (17-23).
Anche uno stolto, se tace, passa per saggio, ed e’ creduto intelligente, se tiene chiuse le labbra (17-28).
Il cuore dell’uomo prima si insuperbisce e poi cade, ma all’umiliazione segue la gloria (18-12).
Vale piu’ un uomo paziente che un eroe! (16-32).
Meglio aver poco, ma onestamente, che grandi entrate senza giustizia (16-8).
Chi rende male per bene, non si togliera’ la sventura di casa (17-13).
Una risposta dolce placa l’ira, una parola pungente eccita la collera (15-1).
Il cuore felice rende lieto l’aspetto (15-13).
Iniziare una lite e’ come aprire una diga (17-24).
Il fanciullo manifesta gia’ coi suoi atti, se illibata e retta sara’ la sua condotta (20-11).
Il consiglio nel cuore umano e’ come acqua profonda, ma l’uomo accorto la sa attingere (20-5).
Dolce e’ per l’uomo il pane della frode, ma poi ha la bocca piena di sabbia (20-17).
Castiga il tuo figlio, finche’ c’e’ speranza, ma non fino al punto di farlo morire (19-18).
Il pigro tuffa la mano nel piatto, ma poi gli pesa riportarla alla bocca (19-24).
Doppio peso e doppia misura sono in orrore davanti a Dio (20-10).
Senza riflessione anche lo zelo diventa indiscreto (19-2).
Chi coltiva troppe amicizie, ne subira’ danno, come chi si immischia nei fatti altrui (19-7).
La casa e le sostanze si ricevono in eredita’ dai padri, ma una moglie intelligente e’ un dono di Dio (19-24).
Chi accarezza sin da fanciullo lo schiavo, alla fine sara’ da lui maltrattato (29-21).
L’anima dell’uomo e’ la lampada del Signore, che penetra fin nel piu’ intimo del nostro essere (20-27).
Meglio abitare in un angolo di soffitta, che vivere in comoda casa con donna bisbetica (21-9).
Fossa profonda e’ la bocca delle perdute, e chi non e’ protetto da Dio vi cade (22-14).
Chi ama i lauti conviti, finira’ in miseria, ne’ sara’ ricco chi ama vino e profumi (21-17).
I desideri del pigro lo fanno morire, perche’ le sue mani ricusano il lavoro (21-25).
Chi semina iniquita’, raccoglie sventura, e tutta la sua fatica finisce in niente (22-8).
La stoltezza e’congenita al cuor del fanciullo: ma la verga ben usata glie la sa distaccare (22-15).
Il cielo per la sua altezza, la terra per la sua profondita’ sono insondabili come il cuore del re (25-3).
Meglio vivere in un deserto, che con una donna bisbetica e dispettosa (21-19).
Il regalo vi apre tutte le porte, e v’introduce alla presenza dei grandi (18-16).
Fresco di neve nel caldo della mietitura, e’ l’inviato fedele per chi lo manda: ristora l’animo del suo signore (25-13).
Mela d’oro su piatto d’argento e’ una parola detta a tempo debito (25-11).
Entra di rado nella casa del tuo vicino, perche’ annoiato di te, non ti prenda in avversione (25-17).
Trovando del miele, mangiane solo quanto ti basta, non riempirtene per poi rigettarlo (25-16).
Nuvole e vento, ma niente pioggia, tali son belle promesse non mantenute (25-14).
Un ramo di spine in mano all’ubriaco, e’ il proverbio nella bocca degli stolti (26-9).
Come un passerotto che fugge, una rondine che vola, tale e’ l’imprecazione non meritata: non raggiunge lo scopo (26-2).
Chi opprime il povero, lo arricchisce, chi dona al ricco, l’impoverisce (22-16).
Non ti vantare del domani, perche’ non sai che cosa ti porta (27-1).
Vernice d’argento su coccio di creta, son labbra dolci e cuore malvagio (26-23).
Chi fa la carita’ al povero impresta a Dio (19-17).
Arroganza vi e’ nel vino, insolenza nel liquore (20-1).
Meglio una riprensione aperta, che un amore muto (27-5).
L’Abisso e l’Inferno non sono mai pieni, e gli occhi non sono mai sazi (27-20).
Stillicidio noioso in giorno di pioggia e donna bisbetica sono tutt’uno.
Cantar canzoni a un cuore afflitto, e’come spargere aceto su una piaga (25-30).
Chi lavora la sua terra, abbondera’ di pane, ma chi va dietro a chimere, sara’ saziato di miseria (28-19).
Chi ruba al padre o alla madre, dicendo: „non e’ male”! e’ il compagno dell’assassino (28-24).
Allo stolto, quand’anche lo pestassi nel mortaio, non toglieresti la sua follia (27-22).
Chi svia i buoni per una cattiva strada, cade nel suo stesso tranello (28-10).
Chi va adulando il suo prossimo, gli tende un laccio ai piedi (29-5).
Quando manca la visione di un profeta il popolo diventa sfrenato (29-18).
Gola sazia disprezza persino il miele, gola affamata trova dolce anche l’amaro (27-7).
Il povero e l’usuraio s’incontrano; ma tutti e due ricevono da Dio il medesimo sole (29-13).
Quando un superiore da’ ascolto a rapporti menzogneri, tutti i suoi fidi diventeranno cattivi (29-12).
Sincere sono le busse di chi ama, minacciosi i baci di chi odia.
Vi sono tre cose misteriose, anzi quattro, che non posso intendere: come l’aquila si levi nel cielo, come la serpe corra sulla roccia, come la nave cammini in mezzo al mare, come l’uomo si formi nel seno materno. Tale e’ la condotta della donna adultera: pecca, poi s’asciuga la bocca e dice: „Non ho fatto niente di male!” (30-18, 20).
Vi sono tre cose che fan tremare la terra, anzi quattro che non puo’ sopportare: uno schiavo che diventa re, uno stolto che ha pane in abbondanza, una giovane spregevole che trova marito, una serva che soppianta la padrona (30-21, 23).
Non sprecar le tue forze con donne, ne’ i tuoi reni con le corruttrici dei re (31-3).
Non amar il sonno, se no impoverirai (20-13).
Per i delitti di un paese, molti diventano i suoi governanti (28-2).
Chi scava la fossa, vi casca dentro, e chi rotola un masso, gli viene addosso (26-27).
Vi sono tre cose che non si saziano mai, anzi quattro che dicono mai: „Basta!”: il soggiorno dei morti e il piacere impuro, la terra che l’acqua non puo’ saturare, e il fuoco che non rifiuta mai l’esca (30-15, 16).
Non calunniare un servo presso il suo padrone, affinche’ non ti maledica, e tu non ne abbia a portare la pena (30-10).
Quattro cose son tanto piccole sulla terra, eppur s’ammirano fra le piu’ sagge: le formiche, popolo senza forza, ma che si procura il vitto nell’estate; gli iraci, timidi animaletti, ma che si fan la tana sulla roccia; le cavallette, senza re, ma che avanzano in schiere ordinate; la lucertola, che si prende con le mani, eppure penetra nei palazzi dei re (30-24, 28).

venerdì 5 dicembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 15

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)

Dalla Collana „Le Perle”:

Ninos de Lenclos
CODICE DELL’AMORE


Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge


Con le donne occorre non della filosofia, ma solo una certa dose di filosofia.

Da quando siete al mondo non avete trovato quello che cercate. Il disgusto e la noia vi opprimono. Volete la solitudine, ed ella presto vi stanca. Voi non conoscete la causa della vostra inquietudine. Ve la diro’ io: E’ il vuoto che si trova nel vostro cuore. Esso e’ privo di amore, mentre e’ stato creato per esso.

La natura creandoci ci ha fornito di una certa quantita’ di sentimenti. Ed essi debbono riversarsi sopra una persona qualsiasi.

In breve. L’amore e’ il cibo del cuore come le vivande lo sono per il corpo. Amare e’ obbedire alla legge della natura.

Possibilmente fate che il vostro amore non arrivi sino alla passione.

Volete che vi dica che cosa rende un amore pericoloso? E’ l’idea sublime di cui talvolta lo rivestiamo, mentre in fondo non e’ che un istinto cieco.

Nella donna il capriccio rappresenta l’antidoto della sua bellezza.

Non cercate una donna che abbia un umore eguale e costante. L’uniformita’ presto stanca. La bonta’ e la bellezza a lungo divengono tediose specie se ci tolgono la liberta’ ed il piacere di bisticciarsi.

Il bisticcio e’ il sale della galanteria e dell’amore: ne impedisce la corruzione.

L’inquietudine, la gelosia, i bisticci e le conseguenti paci successive, sono gli alimenti dell’amore, ed occupano il nostro cuore piu’ della regolarita’ uniforme che irradia un buon carattere.

Ma con questo non voglio consigliarvi una bisbetica o una civetta, ma una donna amabile, che lo divenga ancor di piu’ per una certa sua irregolare capricciosa volubilita’ in amore.

L’amore come lo intendo io deve donarvi un gusto violento, inquieto, talvolta pieno di gelosia. Quando l’amore stesso rende una donna ingiusta, quale innamorato potrebbe dolersene?
Chi non prova un piacere segreto nelle agitazioni gelose della donna amata? Tanto piu’ forte e’ la sua gelosia, tanto piu’ forte ci si sente amati.

Non credo che in amore si possa scegliere. Lasciate l’opinione contraria a coloro che voglioni giustificare le loro debolezze. Non esiste il colpo di fulmine ed e’ falso il detto „cio’ e’ piu’ forte di me”.

Quante persone abbiamo visto spegnere nel loro cuore una debolezza quando si sono accorte che l’oggetto ne era indegno?

Quante donne hanno sacrificato il bene piu’ immenso e la piu’ forte passione per un matrimonio di convenienza?

Il tempo e l’assenza sono dei tremendi rimedi ai quali una passione per forte che possa essere non puo’ resistere.

Il voler distruggere le nostre passioni sarebbe un cercare di annientare la nostra anima. Basta regolarle. Saranno tra le nostre mani quello che sono i veleni nelle mani di un buon farmacista. Ben preparati divengono un rimedio salutare.

Per essere ben accolto, basta rendersi piacevole e divertente e necessario al piacere degli altri. Che volete se ne facciano le donne di tutto il vostro spirito, della vostra erudizione, del vostro sapere?

Un bel difetto talvolta fa piacere. Le virtu’ sono come delle monete d’oro, le quali si usano molto piu’ raramente della moneta spicciola.

Il vero merito non e’ quello che voi ritenete di avere, ma quello che e’ ritenuto tale dalle persone alle quali volete piacere.

La galanteria e’ un paese ed ha le sue leggi. Gli uomini galanti ed amabili sono i saggi del paese della galanteria.

L’amore e’ per il nostro cuore quello che e’ il vento per il mare. A volte causa tempeste e naufragi. Ma e’ sempre il vento che rende il mare navigabile, e, se sovente diviene pericoloso e’ dovere di un buon pilota saperlo navigare.

Io non mi curerei di sapere se l’amore e’ buono od e’ cattivo. Avere sete puo’ essere una cosa buona o cattiva? E vorreste impedire alla gente di bere solo perche’ qualcuno si ubriaca? Regolatevi con esso e non vi ubriacate, e fate che l’amore sia sempre un divertimento, mai una passione.

Non analizzate il sentimento che provate per una donna, in fondo l’amore per essere vero e felice non deve essere necessariamente considerato con gaiezza.

Il male che molte donne dicono dell’amore, la loro resistenza ad esso, la paura che ad esse infonde, non e’ altro che un desiderio represso. Anche il parlare male dell’amore e’ un omaggio che gli si rende.

Se l’amore non fosse un desiderio dei sensi, perche’ allora ammirare una bella persona, una bella bocca o degli occhi incantevoli? Se vi attirano solamente le qualita’ di un cuore o dello spirito perche’ allora non guardate le brutte?

Non inquietatevi se la vostra amata e’ gentile con gli altri. La stima che potrebbe provare per essi come mai potrebbe danneggiare quella che ella ha per voi?

La gelosia e’ forse una scienza metafisica? No davvero. Se ho degli amici non sono gelosa di loro. Questo perche’ l’amicizia non e’ frutto dei sensi.

Non credete a quelle donne che pretendono soltanto amore per la loro anima. Se cosi’ fosse perche’ tanta importanza riveste per loro la cura dei loro corpi e la grazia della propria persona? Che importanza puo’ avere per l’anima una pelle morbida, una vita sottile od un braccio ben affusolato?

Il principio dell’amore non e’ la follia ma e’ l’adulazione. Non si arrivera’ mai al cuore femminile senza aver prima pagato un tributo alla sua vanita’.

Le donne risultano molto pericolose perche’ sono maestre nel celare i loro sentimenti.

Chi pensa piu’ male delle donne sono sempre le donne stesse.

Credete, non e’ per voi stessi che le donne vi amano, ma perche’ nell’amore la donna cerca sempre la propria felicita’.

Perche’ pretendere che la donna amata vi confessi il suo amore? Se intuite o conoscete il suo amore, che cosa volete di piu’?

Non vi e’ nulla di piu’ delizioso che il sapere che un cuore batte per voi sinceramente e senza diffidenza. Perche’ non seguire in segreto l’evoluzione della sua tenerezza?

Le donne, del resto, sono restie alla confessione. Vorrebbero manifestarvi la loro simpatia con la stessa vostra franchezza, ma temono le conseguenze di questo loro gesto.

Dire ad un uomo „ti amo” non e’ un delitto od una vergogna, ma cio’ che segue questa dichiarazione spaventa le donne. Percio’ cercano la dissimulazione e si fanno cieche.

Percio’ le confessioni piu’ belle non sono quelle che la bocca di una donna pronuncia, ma quelle che una bella bocca tace.

La natura ha donato a noi donne un meraviglioso istinto. Ci fa discernere con sicurezza tutto cio’ che nasce dall’amore e tutto quello che gli e’ estraneo. Pronte a perdonare tutte le follie e gli eccessi che puo’ ispirare l’amore per noi, diveniamo intrattabili se qualcosa offende il nostro amor proprio.

Le donne possono ingannare d’altronde con una confessione che la sola bocca pronunci, ma non possono ingannarvi con delle testimonianze di un amore sincero.

La donna e’ sempre combattuta tra due passioni contrarie: Il desiderio di piacere e la paura di compromettersi.

La donna e’ governata dalla vanita’, ma nel profondo del suo intimo preferira’ sempre una buona reputazione al successo.

Le donne si perdono piu’ per delle imprudenze che per delle colpe reali.

L’abitudine uccide l’amore. Quando questa si impadronisce di un affare di cuore, allora l’amore scompare, nasce la noia e tutto finisce nel disgusto.

Mai nell’educazione delle fanciulle si accenna alla cosa piu’ importante per loro. E cioe’ che dovranno difendersi dagli assalti dei loro sensi, e questa sara’ la faccenda piu’ pericolosa per loro.

Non e’ dall’amore che una donna deve guardarsi, ma solo ed unicamente da se stessa.

Che cosa puo’ una lusinga su di una fanciulla se questa non e’ gia’ sedotta dai propri desideri?

I talenti di una fanciulla, la musica, la lettura, il disegno sono un’ottima difesa dall’amore perche’ ne tengono occupato lo spirito.

Quando lo spirito non e’ occupato, allora bisogna bene che lo siano i sensi.

Gli uomini mancano di rispetto solamente alle donne che lo desiderano.

Percio’ tutte quelle donne che lamentano una mancanza di rispetto, a ben considerare, possono essere tanto imprudenti quanto stordite.

La mancanza di spirito, espone una donna ad una mancanza di rispetto. Cosa si potrebbe fare mai con una donna del genere per ammazzare il tempo?

Cosa diviene un amore se manca lo spirito? L’amore e’ una commedia con atti molto corti e lunghi intervalli. Come riempire tali intermezzi senza almeno un briciolo di spirito o di intelligenza?

Piu’ una donna reagisce con violenza ad una lusinga, meno la sua virtu’ e’ duratura.

La vecchiaia e’ la giusta pena per la donna sensuale e galante.

Anche la condotta piu’ irreprensibile non salva la donna dalla malignita’.

Esistono molto piu’ donne oneste di quanto generalmente si creda.

Che cosa sia il cuore di una donna, nessuno lo ha mai capito o non lo ha mai saputo definire
.
Una donna non perdonera’ mai la propria rivale in amore. Perdonera’ sempre l’uomo che non ha scelta, perche’ spera di dare un dispiacere alla rivale.

Quando un amore e’ spento, difficilmente potra’ tornare ad accendersi. Non ci si puo’ imporre di seguitare ad amare, come non si e’ padroni di cominciare ad amare.

E’ piu’ difficile sbarazzarsi di una donna che conquistarla.

E’ raro che un amore finisca contemporaneamente in due persone. Allora in questo caso la costanza rappresenta una disgrazia.

Le malattie del cuore a somiglianza di quelle del corpo possono essere reali ed immaginarie.

All’uomo non sono tanto utili le virtu’ di una donna quanto le sue debolezze.

Se fosse solamente la ragione a regolare il corso dell’amore, esso allora sarebbe una faccenda insipida e banale.

Gli uomini, di solito, affermano di cercare nell’amore le sue qualita’ essenziali. Guai a loro se veramente le trovassero! L’amore deve essere solamente un divertimento.

Una donna veramente superiore, alla lunga vi ispirerebbe un infinito rispetto e nulla piu’. Vi rimpiccolirebbe e vi umilierebbe troppo per potere seguitare ad amarla.

Una tale donna non sarebbe che un simbolo, una critica ai vostri errori, una continua irritazione per il vostro orgoglio. Se lo si mortifica, addio amore!

Non dovete credere frivola una donna se unisce ad un bel viso un cuore gaio e spumeggiante. La donna non e’ creata per cose molto serie. Quelle qualita’ molto solide che eventualmente cercate in lei le troverete piu’ facilmente in un amico.

Pero’, ne convengo, una donna che non abbia che civetteria e capricci, diviene una compagna ben spinosa, ed alla fine stanca.

Vi e’ una enorme differenza tra il godere semplicemente una felicita’ ed assaporare il piacere di goderla.

Una gioia pazzarella, un delirio amabile, una deliziosa ebrezza sono le principali qualita’ di un amore duraturo e felice. Il necessario non da’ l’agiatezza, e’ il superfluo che ci rende ricchi.

Il tumulto che l’amore crea nel cuore, e gli altri mali che esso causa non sono temibili se paragonati al piacere ed alla gioia che un sincero amore puo’ procurarci.

L’umanita’, non so per quale bizzarria, trova vergognoso seguire la reciproca attrazione che la natura ha donato ai due sessi. Ma non e’ riuscita a soffocarne completamente la voce. Allora ha rivestito questa attrazione di una importanza del tutto inadeguata, e, conseguentemente ne ha rovinato la semplicita’, la freschezza e l’innocenza.

Chi cerca il difficile nell’amore, si trovera’ dopo un lungo giro vizioso, allo stesso punto di una persona semplice e di buona fede che abbia cominciato la’ dove l’altro e’ arrivato con tanta pena.

La donna di umore costante finisce per stancare. E’ sempre la stessa statua. L’uomo ha sempre ragione con lei e questo uccide l’amore.

L’amore e’ un sentimento ne’ buono ne’ cattivo in se stesso. Solamente coloro che lo vivono lo determinano nel bene e nel male.

L’amore ci turba, ed il nostro cuore e’ fatto per essere turbato. Che cosa sarebbe la giovinezza senza l’amore? Solo una lunga malattia. Non si vivrebbe piu’, si vegeterebbe.

Il bisogno di amare e’ una parte essenziale della donna. La sua virtu’, al contrario, non e’ che un incidente.

In amore non esistono fortezze inespugnabili.

Una donna legata alle sue virtu’ non e’ che una schiava incatenata che pretende gratitudine perche’ non fugge.

Del resto sarebbe pericoloso ed inutile dirle che la virtu’ non dipende da lei, le si toglierebbe l’incentivo piu’ potente che la induce a conservarla.

Un innamorato sarebbe molto piu’ fedele se onestamente paragonasse la donna che vorrebbe tradire con colei con la quale intende tradirla.

L’amore e’ un gran maestro, ed anche le donne piu’ sciocche sotto il suo insegnamento acquistano un fine giudizio. E’ un giudizio giusto ed infallibile nel proteggere l’interesse del loro cuore.

Ed ora per finire diciamo con La Bruyere: „Se mi sono contraddetto, non sono io che lo faccio, ma e’ il cuore sul quale ragiono”.

giovedì 4 dicembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 14

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)

Dalla Collana „Le Perle”:

Publio Ovidio Nasone
L’ARTE DI AMARE


Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge


Chi tra di voi ignora l’arte di farsi amare, legga i miei versi e subito l’impari.
Vuolsi molt’arte nella tenzon d’amore.
Pria del cercar colei che vuol amare, pensa di poi a intenerirle il cuore e infine rendi eterno il vostro amore.
E’ la tua donna quella, alla quale puoi dir veracemente: „Sol tu mi piaci”.
Ogni donna, se il vuoi, puo esser tua, siine certo.
A Roma sonvi molte donne belle, il mondo intero non ne conta tante.
Non vi sono nel cielo tante stelle, quante bellezze ha Roma.
Tra queste scegli fanciulletta acerba, se giovinezza estrema prediligi, ma sono pure amabili le giovani e di queste ne troverai a mille, ne’ sdegnare devi quelle di piu’ matura eta’ ed ai tuoi piedi ne avrai gran moltitudine.
Per ogni eta’ diverso e’ il sistema di conquista; non assalire troppo impetuosamente l’ingenua e pudica fanciulla.
Non l’istessa maniera devi usare con tutte; studiale ed osservale da prima, un uom ch’ha genio, ad ogni tipo si uniforma e adatta.
Per la via, a teatri, al Circo al Foro, incontrar puoi la tua bellezza ambita.
Tu cerca intanto di sederle accanto e cautamente stringiti al suo fianco.
Mostrati cortese subito, sollevale la veste se striscia a terra, e le sue gambe potrai cosi’ sbirciare, senza ch’ella si possa adirare.
Poni quindi premuroso un cuscino alle sue spalle, sventola se ha caldo, son tutte cose che ella giudica gentili e graziose.
Di quando in quando, sfiorale leggermente il piede o il fianco.
Per prima cosa mandale una lettera piena di grazia e di dolci parole e supplica il suo amore, sinanco i Numi cedono ai preghi dei mortali.
Dolci, naturali, semplici e tenere parole, tien sempre pronte a vincere il suo cuore.
Un solo sguardo, il minimo accenno basta, perche’ la donna s’accorga di esserti piaciuta.
Importante e’ che ella ti ascolti, ti miri e legga le tue lettere.
Tu puoi parlarle anche col silenzio.
Non ti scoraggiar se subito non cede e persisti ed insisti come fa l’acqua che percote e fora il duro marmo.
Bada pero’ che a volte, volendo altri ferire, si rimane feriti e spesso, fingendo amore, da l’amor si e’ vinti.
Amor con sua feretra, prima colpisce e quindi incendia il cuore.
Donna abbandonata dal suo amante, per vendicarsi, e’ piu’ disposta a cedere.
Da belle e ornate parole, spesso la donna e’ vinta, all’amatore arma preziosa e’ l’eloquenza.
Prometti molto e fa che ella ti creda, anche se mantener non puoi. L’uomo, il piu’ misero, quando promette e’ come un miliardario.
Giura anche il falso, gli dei dal cielo sorridono ai falsi giuramenti degli amanti.
Vivete puri come il Nume vuole, fuggite dalla frode e dall’inganno, mantenete la fede e i giuramenti, inorridite delle colpe, ma con le donne siate pure ingannevoli, altro non meritano queste perenni nostre ingannatrici.
Ingannar chi ci inganna, se questa e’ donna, e’ cosa giusta e ben ella sel merta.
Dille cogli occhi come t’arde il cuore.
Non ti sembri inutile, per cedere ai suoi capricci, perdere l’intera giornata al suo fianco.
Non t’incresca lodarle ora il bel viso, ora le bionde trecce, le affusolate dita o il picciol piede.
Ogni donna s’immagina piacente ed ama esser lodata.
Con tono lieve, dille parole lusinghiere, mentre fissi i suoi occhi dolcemente.
Son le piccole cose a conquistare queste leggiadre vezzose farfalle.
Se hai bella voce canta, danza se agil sei e cerca di piacerle in ogni guisa.
Mostrati sempre a lei savio e cortese. Fuggi ogni cosa che la induca a noia.
Non esser troppo agghindato e ricercato; all’uom conviensi una belta’ negletta.
Sii lindo, netto, abbi la pelle bruna, e la tua veste sia senza difetto.
Capelli e barba sian tagliati e corti, linde le unghie e dalle nari non ti spuntin peli.
Abbi puliti i denti, il fiato non sia greve ed il tuo corpo, non espanda fetor come i caproni.
Il vino accende i cuori e alla passion sospinge, usa dunque quest’arma di conquista.
Il vin ti fa sincero, grande virtude e’ questa, molto obliata al giorno d’oggi e rara.
Ogni pensiero ingrato dal vin viene fugato, privo di affanni il cuore, e’ piu’ pronto all’amore.
Piu’ d’una volta un calice ricolmo incendio’ il cuore; ricorda, Bacco accende il fuoco dell’amore.
Nell’accostar la coppa, fa che la mano tua sfiori la sua.
Appoggia estasiato le tue labbra sull’orlo della tazza ov’ella poso’ le sue vermiglie.
Ma bada bene, che il troppo vino t’offuschi non conviene; sol fin che mente e piede hai pronti, puoi continuare a ber senza timore.
Fuggi le liti cui da’ esca il vino.
Delle lucerne all’ingannevol lume, ogni donna par bella, la notte e il vino traggono in inganno; al giorno chiedi se la donna vale.
Alle dolci carezze niuna donna resiste e quella che piu’ par schiva e ritrosa, piu’ bramosa e’ d’arrendersi.
Spesso la donna, per timor di se stessa, nega e rifiuta cio’ che molto brama.
Piu’ che veder, la donna vuol essere veduta.
L’amor, la gelosia, le veglie, i pianti spesso rendon pallidi e smunti gli amanti e cio’ incatena il cuore della donna.
Quanto e’ efficace il lacrimar, col pianto vincer tu puoi il cuore piu’ crudele.
Giurale che per lei ti strugge amore.
Scegli il momento piu’ propizio e adatto per dimostrarti ardito, che tutto potresti sciupar sbagliando l’attimo.
La resistenza sua non e’ sincera ed ella brama cedere al desio.
Che ceda o ti respinga, la donna sempre esser pregata vuole.
La pudicizia vieta alla fanciulla di svelare per prima il dolce amore.
Unisci alle parole ardenti baci, rapiti con violenza, se li nega.
Ardenti, ma discreti, ch’ella non dica, che sei rozzo o maldestro.
Se troppo resiste mostrati fiero, molte son quelle che fuggon chi li insegue ed inseguono l’uomo indifferente.
Con altre invece fingiti soltanto amico, vedrai come sia breve il passo dall’amicizia al piu’ verace amore.
Se sei costante ed insisti e persisti potrai vincere anche colei che e’ simile a Penelope.
Dimentica sempre il giorno natale della donna, che tu non sia costretto a farle doni.
Fa che ignorino tutti il tuo dolce segreto.
Non celebrare mai coi tuoi amici la bellezza e i favori di una donna, spesso il compagno oblia i suoi doveri ed a tradirti mira.
La donna e’ piu’ sfrenata ed il suo amore piu’ del nostro e’ veemente, ma finger sa meglio dell’uomo.
Assai raro e’ il trovar donna d’un solo amore paga.
L’arte dell’amator si manifesta, a lungo conversando la conquista.
Mantiensi amor con tenere parole e nutresi di amabili carezze.
Scruta e conosci il fondo del tuo cuore, sol cosi’ sarai esperto nell’amore.
I consigli ch’io do non son pei ricchi, questi lor armi han gia’ nei molti doni.
Con oro e ricchi doni, anche un barbaro sa conquistar cuori.
Ammaestrar nell’arte dell’amore io intendo quei che – come me – sol ponno donare baci e tenere parole.
Un amante che e’ povero, cauto dev’esser molto e sopportare e fare sempre cio’che donna vuole. Rida se ride e s’ella piange pianga.
In amore l’orgoglio va deposto. Non e’ umiliante tollerare le ingiurie dell’amante e baciare la man che ci percuote.
E’ una pugna l’amor, non sii codardo.
Sii sempre alacre, i pigri, amore sdegna.
Chi vuol essere amato, amabil sia.
Son nemici d’amor guerre e litigi.
Il litigare e’ triste privilegio delle consorti, che ne fanno abuso e sembrano ignorar quanto lor nuoccia.
Non puo’ accender amor la venusta’ disgiunta dall’ingegno.
Non era bello Ulisse, eppur con sua facondia innamoro’ le dee.
Cade col tempo la bellezza amica, gia’ il crin si imbianca, solcan le rughe i volti, sol la belta’ dell’anmo permane.
Atti gentili alla beltade unisci.
Molto i contrasti aguzzano l’ingegno.
L’asprezza e le male parole suscitano piu’ odio che amore.
Sappi con accortezza e garbo offrire i tuoi modesti doni.
Piccoli e opportuni doni mantengono l’amore.
Proteggila quando la folla fende, offrile lo sgabello, riparala dal sole con l’ombrello.
La gelida sua man scalda sul petto tuo, anche se ne abbrividisci.
Sian sol di lode alla sua belta’ i versi che le mandi.
Se tu a lungo vuoi tenerle il cuore, non cessar di lodarla con ardore.
Mostrati sempre attonito, estasiato dalla sua venusta’.
Se indossa ricca veste che tutta la ricopre, dille che e’ piu’ preziosa di una dea.
Se avanza con leggera tunica, mostrati intenerito dal suo aspetto e trepidante che non prenda freddo.
Ammira le sue trecce, le braccia quando danza, l’acconciatura, tutto insomma fai sembiante che ti mandi in estasi.
Giammai dei biasimar nella tua donna i suoi difetti, anzi motivo ne trarrai di lode.
Dirai brunetta chi ha la pelle nera; se loschi ha gli occhi, a Venere somiglia.
Chiama snella la magra come stecco, gentilina e svelta la piccola, pienotta la panciuta e la popputa.
E specialmente poi se va sfiorendo e gia’ bianche chiome intreccia, lodar la devi e dirle che maggior vaghezza ha delle fanciulle.
Bada pero’ che non iscopra la tua simulazione.
Non chiederle l’eta’ ne’ indagare sul giorno di sua nascita, specialmente se gia’ declina e qualche capello bianco ha nella chioma.
Se poi s’ammala mostrale quanto grande sia il tuo penare, raccoglierai gran frutto da questo tuo accorto seminare.
Assistila amoroso nei suoi mali senza mostrar molestia.
Non proibirle il cibo che desia e non porgerle il farmaco che detesta, lascia queste spiacevoli cure al tuo rivale.
Fa’ che ti scopra piangere frequente.
Abituala a vederti ad ogni istante, che t’abbia di continuo a se’ davante, si’ che tua voce sempre le risuoni.
Poi scompari per poco, si’ ch’ella abbia a soffrir la tua mancanza.
Ma breve sia la tua assenza o amico, non porti al rischio che un nuovo amor subentri a quello antico.
Divagarti e’ concesso con qualch’altra segretamente, ma se ti scopre, nega l’inganno tuo piu’ fortemente, quanto e’ piu’ chiaro.
Se invece si fa tepido l’amore e sonnolento per troppa sicurezza, allor giunto e’ il momento di risvegliarlo, fa ch’ella gelosa, dubiti e paventi di perderti.
Non farla spasimar di gelosia, che l’ira sua potrebbe divampar veemente, serrala allor sul cuor tutta piangente.
Se ti chiama tu vola, fuggi se ti respinge, ma evita di venirle a noia.
Mostrale il volto se hai sembiante degno, parla se sai parlar, canta se hai voce.
Assai mostrasi indegno, chi svela cose che e’ prudenza tacer, e ancor peggio e’ chi inventa fatti che negar dovrebbe se fosser veri.
Son maggiori le pene che non le gioie che dona amor, ma sopportar conviene.
Trionfasti per sempre su di lei, se ella non riesce a viverti lontana e pure lo vorrebbe.
Chiunque seguira’ questi precetti diventera’ maestro nell’ottenere cio’ che tanto brama.

Per trionfar nell’arte dell’amore, giungono ora fanciulle a chiedermi consiglio, onde m’appresto a ammaestrarne il cuore.
Amare e’ un’arte, chi non l’apprende falla.
La gioventu’ e’ come l’onda che quando gia’ passo’ piu’ non ritorna.
Come sfiorisce presto giovinezza, ahi quante rughe gia’ nel liscio volto e presto anche i capelli imbianchiranno.
Fugge con gli anni la vostra bellezza, volgetevi all’amore sin che dell’eta’ siete nel fiore.
Tenti ognuna di apparir piu’ bella e certo trovera’ chi s’innamori.
Spaccion a tutti le fanciulle meste, noi vogliam gaudio e sol donne gioconde.
Sia semplice e sincero il vostro dire, questo parlar nelle fanciulle piace.
Non lasciatevi scuotere dall’ira, altera il volto e rende disgustose.
Anche l’orgoglio, semina odio e offusca la belta’.
Non siate mai noiose e incontentabili e tanto meno siate litigiose.
Imitate le dee nell’accordare le vostre grazie a chi tanto le brama.
Mostratevi alla gente, che la bellezza vostra non sia celata, in mezzo a tanti, certo qualcuno vi notera’.
Ovunque e con chi siate, mostratevi piacenti e piu’ che belle.
Come diverso e’ il morso che si pone a puledro o a caval domo, cosi’ vari modi userai con l’uomo maturo o il giovane inesperto.
Ricambiare dovete guardo a guardo dolcemente, sorriso con sorriso amabilmente.
„O tu mia luce” e simili parole, di tenerezza ci colmano e di amore.
Cerca la postura che piu’ ti si addice: se hai bello il viso mostralo, volgi le spalle se le hai piacenti, sciogli le chiome se sono fluenti.
Se hai belle gambe, ostentale.
Pur nel mangiar abbi grazia, non far cosa che ti dimostri ingorda o schizzinosa.
In quanto al ber, Bacco ed Amor si addicono alla donna, purche’ non passi il segno.
Finche’ non vedi due al posto d’uno e che le gambe hai salde e mente chiara, puoi continuar a ber, ma dopo astienti.
Non lasciarti ingannar dal bellimbusto dalla chioma lucente per il nardo e dalle dita inanellate d’oro.
Dell’uomo agghindato ed elegante oltre misura, non vi fidate, egli e’ un incostante che a tutte giura amor e nessun’ama.
Ad un uomo ingannatore, non aprire la porta, fuggilo sempre.
Se qualcuno ti fa promesse solo con parole, tu solo a parole prometti senza mantener.
A chi supplica il tuo amore, non rifiutarlo con parole dure, ne’ troppo facilmente accondiscendi.
Non dite si’ subitamente, l’attesa alimenta l’amor in chi v’implora e or teme, or spera.
Piu’ fedeli sono le fanciulle dei loro amatori.
Recandovi con chiome sparse e molle pianto al funeral del primo consorte, facilmente ne troverete un secondo.
Impara il camminar leggiadro come conviensi a donna, non dimenare con mollezza il fianco, non fare passi smisurati e sconci, il portamento ha un’attrattiva potente e irresistibile.
Il dolce canto e’ tal una lusinga che io esorto a cantar ogni donzella che abbia voce ed alla danza tutte le invito.
Quando ridi, non sghignazzar si’ forte da sembrare un’asina che raglia.
Non vi squassate i fianchi dal gran ridere, sorridete soltanto dolcemente, un bel sorriso ha pur fascino grande.
Anche nel pianto, abbiate pien di grazia il volto.
Lo strisciar l’erre e il balbuziar per posa, sono difetti che ti fan graziosa.
Poche son quelle che non han magagne, tu occultale o correggile con cura.
La magrolina indossi spesse vesti e dagli omeri sciolto caschi il manto.
Siedasi chi e’ piccina e le visite riceva sul triclinio, procurando celar sotto le vesti ove giungono i piedi.
Nascondi aguzze scapole con imbottiture, sostieni con fasce il difettoso seno.
Se le gambe son scarse, rivestile di acconce bende ed in candidi calzari ascondi i brutti piedi.
Le vostre gambe non siano irte di peli, la vostra ascella non putisca mai.
Chi grosse abbia le mani e l’unghie scabre, si astenga dal gestir quando favella.
Non spalancar la bocca quando ridi, specie se neri, lunghi e disuguali hai denti.
Se pute il fiato non parlar digiuna e mai si accosti il proprio all’altrui viso.
Sciacquate i vostri denti ogni mattina che non s’annerino.
Rimani al buio spesso, che questo vela sempre ogni difetto.
Nella donna piace semplice nettezza, ordinati capelli, adatta acconciatura.
A molte nondimeno chioma negletta aggiunge grazia.
Ad altre si addice capigliatura sparsa su le spalle.
Scriminatura nel mezzo del capo, fronte sgombra d’ornamento, abbelliscono un visetto troppo allungato.
Viso tondetto richiede un alto nodo di capelli al sommo della testa ed orecchie scoperte.
Li porti un’altra uniti, altra rigonfi, altra lisci e aderenti al capo, altra mossi come l’onda del mare, altra li adorni con fibie di testuggine cillenia.
Tingon le donne la canizie loro con erbe di Germania, che donan un color miglior del vero.
Orribile a vedersi e’ donna calva, ma se ella incede con trecce foltissime, sia pur comprate, puo’ sembrar bella.
Sciogli la dorata chioma fluente ed a lui mostrati cosi’ tutta lucente.
Volgetevi frequentemente allo specchio a domandar consiglio.
Non bramate apparire in ricche vesti, lo sfarzo che credete allacci gli uomini, invece li allontana.
Scegli bene il colore della veste, non a tutte si addice ugual la tinta.
Alla chiara di pelle il nero dona, il bianco si confa’ alla brunetta.
Non gravate giammai le vostre orecchie di preziose e pesanti pietre.
Adatta cura puo’ far bello il viso.
Fatevi bianco il volto con la cera, schiarite la bruna carnagione col coccodrillo egizio.
Marcate l’orlo rado delle ciglia e qualche neo aggiunga leggiadria al volto.
Segnate gli occhi con un fil sottile di carboncino o croco.
Ma che l’amante non iscopra mai questi artifici, le cure che fan belle, sono brutte a vedersi, l’uomo deve ignorare queste cose.
Lasciati nuda parte della spalla, con quel candore molto attira i baci.
Impara vari giuochi, spesso l’amore nasce dai trastulli col compagno, sian dadi o tavolette.
Ma giammai lasciatevi sorprendere dall’ira, neppur nel giuoco; l’uomo detesta i modi sgarbati e la durezza che avvampa il volto.
Di quando in quando mescola un rifiuto alla tua compiacenza, che amore troppo facile si estingue.
Amor illanguidir vedrete presto, se un po’ di gelosia non lo rinfocola.
Giungi tardi al convegno e sola incedi al lume delle lampade, l’arte di farsi attendere e’ pur grande e il buio puo’ velare i tuoi difetti.
Volgi languidi sguardi con sospiri al tuo amator e chiedigli con umidi occhi perche’ ha tardato tanto, sottili accorgimenti di amor son questi.
Alle amiche non date gran fidanza, molte si accorser con dispetto, di aver, per lor, dato la caccia al lepre.

Ed ho finito. Giovani e fanciulle che fin qui seguiste il mio parlare, scrivete che nell’arte d’amare vi fu maestro Ovidio.

mercoledì 3 dicembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 13

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)

Dalla Collana „Le Perle”:

Mons. Della Casa
GALATEO


Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge



Io incomincero’ da quello che io stimo che si convenga fare, per potere, in comunicando ed in usando con le genti, essere costumato e piacevole e di bella maniera.
Molti sono apprezzati assai, per cagion della loro piacevole e graziosa maniera.
I piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare la benevolenza di coloro coi quali noi viviamo; cosi’ per lo contrario i zotichi e rozzi incitano altrui ad odio ed a disprezzo.
A te convien temperare ed ordinare i tuoi modi, non secondo il tuo arbitrio, ma secondo il piacer di color co’ quali tu usi.
Non solamente non sono da fare in presenza degli uomini le cose laide, o fetide, o stomachevoli, ma il nominarle anche si disdice.
Non e’ dicevol costume, quando ad alcuno vien veduro per via, come occorre alle volte, cosa stomachevole il rivolgersi a’ compagni e mostrarla loro.
E molto meno il porgere altrui a fiutare alcuna cosa puzzolente, come alcuni sogliono fare con grandissima istanza, pure accostandocela al naso.
Il dirugginare i denti, il sufolare, lo stridere e lo stropicciar pietre aspre e il fregar ferro spiace agli orecchi; e deesene l’uomo astenere piu’ che puo’.
Sono ancora di quelli che, tossendo o starnutendo fanno si’ fatto strepito, che assordano altrui. E truovansi anco tale che sbadigliando urla o ragghia come asino: le quali sconce maniere si voglion fuggire, come noiose all’udire ed al vedere.
Dee l’uomo astenersi dal molto sbadigliare.
Ne’ per mio consiglio, porgerai tu a bere altrui quel bicchier di vino, al quale tu arai posto bocca ed assaggiatolo. E molto meno si dee porgere pera, o altro frutto, nel quale tu arai dato di morso.
Non si dee dire, ne’ fare cosa, per la quale altri dia segno di poco amare, o di poco apprezzar coloro, co’ quali si dimora.
Il frizzarsi, ove gli altri seggano o favellino, e passeggiar per la camera pare noiosa usanza.
Male fanno coloro, che ad ora ad ora si traggono una lettera dalla scarsella e la leggono. Peggio ancora fa chi, tratte fuori le forbicine, si da’ tutto a tagliarsi le unghie.
Non si deono anco tener quei modi, che alcuni usano; cioe’ cantarsi fra’ denti, o sonare il tamburino con le dita, o dimenar le gambe; percio’ che questi cosi’ fatti modi mostrano che la persona non sia curante d’altrui.
Oltre a cio’ non si vuol l’uomo recare in guisa, che egli mostri le spalle altrui.
Dee l’uomo recarsi sopra di se’ e non appoggiarsi ne’ aggravarsi addosso altrui.
Quando favella, non dee punzecchiare altrui col gomito, come molti soglion fare ad ogni parola.
Ben vestito dee andare ciascuno, secondo sua condizione e secondo sua eta’; percio’ che, altrimenti facendo, pare egli sprezzi la gente.
Si dee l’uomo sforzare di ritrarsi piu’ che puo’ al costume degli altri cittadini e lasciarsi volgere alle usanze.
E se tutta la tua citta’ avera’ tonduti i capelli, non si vuol portare la zazzera.
Contradire nel costumar con le persone, non si dee fare, se non in caso di necessita’.
Sono poi certi che hanno risguardo solo a se’ stessi ed all’agio loro; e d’altrui niuna considerazione cade loro nell’animo.
Alcuni sono si’ bizzarri e ritrosi e strani, che niuna cosa a lor modo si puo’ fare; e sempre rispondono con mal viso, che loro si dice; e mai non rifinano di garrire a fanti loro e di sgridarli e tengono in continua tribolazione tutta la brigata. Modi tutti sconvenevoli e dispettosi; i quali si deono fuggire come la morte.
La superbia non e’ altro, che il non istimare altrui.
Vuole ciascun nostro atto avere alcuna significazion di riverenza e rispetto verso la compagnia nella quale siamo.
E’ biasimevole cosa il dir villania a’ famigliari, e lo sgridarli e guastarsene la conversazione; e maggiormente se altri cio’ fara’ a tavola, che e’ luogo d’allegrezza e non di scandalo.
Non ista’ bene, che altri si adiri a tavola, che che si avvenga; e adirandosi, no ‘l dee mostrare, ne’ del suo cruccio dee fare alcun segno e massimamente se tu arai forestieri a mangiar con esso teco; percio’ che tu li hai chiamati a letizia ed ora li attristi.
Il vedere che altri si cruccia, turba anche noi.
Ritrosi sono coloro che vogliono ogni cosa al contrario degli altri, la ritrosia consiste in opporsi al piacere altrui, il che suol fare l’uno inimico all’altro. Sforzinsi di schifar questo vizio coloro che studiano di essere cari alle persone.
Non si vuole essere, ne’ rustico, ne’ strano; ma piacevole e domestico. E sappi che colui e’ piacevole, i cui modi sono tali nella usanza comune, quali costumano di tenere gli amici infra di loro.
Conviene che altri si avvezzi a salutare e favellare e rispondere per dolce modo; e dimostrarsi con ognuno quasi terrazzano e conoscente: il che male sanno fare alcuni.
Alcuni a nessuno mai fanno buon viso; e volentieri ad ogni cosa dicon di no; e non prendono in grado ne’ onore ne’ carezza che loro si faccia. Sono adunque costoro meritatamente poco cari alle persone.
Non ista’ bene di essere malinconico, ne’ astratto la’ dove tu dimori.
Alcuni si crucciano, se voi non foste si’ presto e sollecito a salutarli, a visitarli, a riverirli ed a risponder loro, come un altro farebbe di una ingiuria mortale. Costoro veramente non e’ chi li possa vedere; percio’ che troppo amano se’ medesimi fuor di misura; ed in cio’ occupati, poco di spaio avanza loro di poter amare altrui.
Di niuna bruttura si dee favellare: come che piacevole cosa paresse udire; percio’ che alle oneste persone non ista’ bene di studiar di piacere altrui, se non nelle oneste cose.
Ne’ contra Dio, ne’ contr’a’ santi, ne’ da dovero, ne’ motteggiando, si dee mai dire alcuna cosa; quantunque per altro fosse leggiadra o piacevole.
Nota che il parlar di Dio gabbando, non solo e’ difetto di scellerato uomo ed empio; ma egli e’ ancor vizio di scostumata persona; ed e’ cosa spiacevole ad udire; e molti troverai che si fuggiranno di la’, dove si parli di Dio sconciamente.
Non solo di Dio si conviene parlare santamente, ma in ogni altro ragionamento dee l’uomo schifare quanto puo’, che le parole non siano testimonio contro la vita e le opere sue; perche’ gli uomini odiano in altrui eziandio i loro vizii medesimi.
Simigliarmente si disdice il favellare delle cose molto contrarie al tempo ed alle persone, che stanno ad udire.
Ne’ a festa, ne’ a tavola si raccontino istorie malinconiose, ne’ di piaghe, ne’ di malattie, ne’ di morti o di pestilenzie, ne’ di altra dolorosa materia si faccia menzione o ricordo.
Non ista’ bene di contristare gli animi delle persone con cui favelliamo; massimamente cola’, dove si dimori per aver festa e sollazzo e non per piagnere.
Erano parimente coloro, che altro non hannno in bocca giammai che i loro bambini e la donna, e la balia loro.
Male fanno ancora quelli, che tratto tratto si pongono a recitar i sogni loro con tanta affezione e facendone si’ gran maraviglia, che e’ uno sfinimento di cuore a sentirli.
Non si deve adunque notare altrui con si’ vile materia come i sogni sono, spezialmente sciocchi, come l’uomo li fa generalmente.
A lungo andare i bugiardi non solamente non sono creduti; ma essi non sono ascoltati; si’ come quelli, le parole de’ quali niuna sostanza hanno in se’, ne’ piu’ ne’ meno come s’eglino non favellassino, ma soffiassino.
E sappi, che tu troverai di molti, che mentono a niun cattivo fine tirando ne’ di proprio loro utile, ne’ di danno o di vergogna altrui; ma percio’ che la bugia per se’ piace loro; come chi bee, non per sete, ma per gola del vino.
Le maniere piene di beffe e di vanagloria, la quale viene da superbia, procedente da vanita’, si deono fuggire, come spiacevoli e sconvenienti cose.
Ne’ dee l’uomo di sua nobilta’, ne’ di suoi onori, ne’ di ricchezza, e molto meno di senno vantarsi; ne’ i suoi fatti, o le prodezze sue, o de’ suoi passati molto magnificare, ne’ ad ogni proposito annoverarli, come molti soglion fare.
Non dee adunque l’uomo avvilirsi, ne’ fuori di modo esaltarsi. Ne’ vantare ci dobbiamo de’ nostri beni, ne’ farcene beffe.
Dee di se’ ciascuno, quanto puo’ tacere, o, se la opportunita’ ci sforza a pur dir di noi alcuna cosa, piacevol costume e’ di dirne il vero rimessamente.
Ogni bugia, che si dice per utilita’ propria, e’ fraude e peccato e disonesta cosa.
Non e’ lecito porger diletto nocendo.
Convienci ubbidire non alla buona, ma alla moderna usanza.
Siamo ubbidienti alle leggi eziandio meno che buone, per fino che il Comune, o chi ha podesta’ di farlo non le abbia mutate.
Nelle cose che niuna scelleratezza hanno in se’, ma piu’ tosto alcuna apparenza di cortesia, si vuole, anzi si conviene ubbidire a’ costumi comuni, e non disputare ne’ piatire con esso loro.
Partendo e scrivendo dei salutare e accomiatare non come la ragione, ma come l’usanza vuole che tu facci.
Si dee aver riguardo al paese dove l’uom vive; percio’ che ogni usanza non e’ buona in quel paese.
Bisogna avere riguardo al tempo, all’eta’, alla condizione di colui, con cui usiamo le cerimonie, ed alla nostra.
Chi sa carezzar le persone, con picciolo capitale fa grosso guadagno.
D’altrui ne’ delle altrui cose non si dee dir male.
Le persone schifano l’amicizia de’ maldicenti, facendo ragione che quello che essi dicono d’altri a noi, quello dichino di noi ad altri.
Se pure alcuna volta avviene, che altri disputi invitato dalla compagnia, si vuol fare per dolce modo.
Il profferire il tuo consiglio, non richiesto, niuna altra cosa e’ che un dire di essere piu’ savio di colui, cui tu consigli; anzi un rimproverargli il suo poco sapere e la sua ignoranza.
Nella comune usanza si dee l’uomo astenere di dar consiglio.
Chi va proferendo e seminando il suo consiglio, mostra di portar openione che il senno a lui avanzi e ad altri manchi.
Coloro che si affaticano a purgare l’altrui campo mentre il loro medesimo e’ tutto pieno di pruni e di ortica, e’ troppo gran seccagine il sentirli.
Non e’ dilettevol costume lo esser voglioso di correggere e di ammaestrare altrui.
Schernire non si dee mai persona, quantunque inimica.
Chi si ride d’alcuno sformato o malfatto o sparuto o picciolo; o di sciocchezza che altri dica e si diletta di fare arrossire altrui, sono dispettosi modi meritamente odiosi.
Chi procaccia di essere ben voluto e avuto caro, non debba troppo farsi maestro di beffe.
Coloro che sanno beffare per amichevol modo e dolce, sono piu’ amabili che coloro che nol fanno.
Non si deve motteggiare nelle cose gravi e meno nelle vituperose opere.
Dove non ha luogo il ridere, quivi si disdice il motteggiare e il cianciare.
Quegli che dice altrui alcuna grave villania, sia gravemente punito.
Ne’ per far ridere altrui si vuol dire parole, ne’ atti vili ne’ sconvenevoli, storcendo il viso e contraffacendosi; che’ niuno dee, per piacere altrui, avvilire se’ medesimo; che e’ arte non di nobile uomo, ma di giocoliere e di buffone.
Dico che le parole vogliono essere chiare: il che avverra’, se tu saprai scegliere quelle che sono originali di tua terra, che non siano pero’ antiche tanto che elle siano divenute rance e viete.
Dee ciascun gentiluomo fuggir di dire le parole meno che oneste.
Quelli che sono, o vogliono essere ben costumati, procurino di guardarsi, non solo dalle disoneste cose ma ancora dalle parole.
Bisogna che tu ti avvezzi ad usare le parole gentili e modeste e dolci, si’ che niuno amaro sapore abbiano.
E’ cortese ed amabile usanza lo scolpare altrui, eziandio in quello, che tu intendi incolparlo.
Non si dee recar in dubbio la fedealtrui.
La voce non vuole essere ne’ roca ne’ aspra. E non si dee stridere, ne’ per riso o per altro accidente cigolare, come le carrucole fanno. Ne’, mentre che l’uomo sbadiglia, pur favellare.
Non ista’ bene alzar la voce a guisa di banditore; ne’ anco si dee favellare si’ piano, che chi ascolta non oda.
Se tu non sarai udito la prima volta; non dei dire la seconda ancora piu’ piano; ne’ anco dei gridare; accio’ che tu non dimostri d’imbizzarrire, percio’ che ti sia convenuto replicare quello che tu avevi detto.
Tu saprai scegliere fra le parole del tuo linguaggio le piu’ pure, le piu’ proprie e quelle che miglior suono e miglior significato aranno, senza alcuna rammemorazione di cosa brutta ne’ laida ne’ bassa.
Tu non parlerai si’ lento, come svogliato, ne’ si’ ingordamente come affamato; ma come temperato uomo dee fare.
Alcuni tanta ingordigia hanno di favellare, che non lasciano dire altrui.
Il rompere altrui le parole in bocca e’ noioso e spiace, non altrimenti che quando l’uomo e’ mosso a correre, ed altri lo ritiene.
Dal troppo favellare conviene che gli uomini costumati si guardino, spezialmente poco sapendo.
Come il soverchio dire reca fastidio; cosi’ reca il soverchio tacere odio.
Non e’ vero che incontro alla natura non abbia freno ne’ maestro; anzi ve n’ha due, che l’uno e’ il costume, e l’altro e’ la ragione.
I modi piacevoli sono quelli, che porgon diletto, o almeno non recano noia ad alcuni de’ sentimenti ne’ all’appetito, ne’ alla immaginazione di coloro co’ quali noi usiamo.
Gli uomini sono molto vaghi della bellezza e della misura e della convenevolezza; e per lo contrario delle sozze cose e contraffatte e difformi sono schifi.
L’uomo si dee vestire all’usanza che si vestono gli altri, accio’ che non mostri di riprenderli e di correggerli.
Non si dee adunque l’uomo contentare di fare le cose buone; ma dee studiare di farle anco leggiadre.
Innanzi ad ogni altra cosa conviene, a chi ama di esser piacevole, in conversando con la gente, il fuggire i vizii; e piu’ i sozzi: come la lussuria, avarizia, crudelta’ e gli altri, come lo essere goloso e lo inebriarsi.
Conviensi adunque alle costumate persone avere riguardo a questa misura che io t’ho detto, nello andare, nello stare, nel sedere, negli atti, nel portamento e nel vestire, e nelle parole, e nel silenzio, e nel posare, e nell’operare.
Non si dee l’uomo ornare a guisa di femmina.
Non si vuole ne’ putire ne’ olire.
I tuoi panni convien che sieno secondo il costume degli altri di tuo tempo o di tua condizione; che’ noi non abbiamo potere di mutar le usanze a nostro senso, ma il tempo le crea e consumale altresi’ il tempo.
Dobbiamo adunque procacciare, che la vesta bene stia non solo al dosso, ma ancora al grado di chi la porta; ed oltre a cio’ che ella si convenga eziandio alla contrada, ove noi dimoriamo.
Non dee l’uomo nobile correre per via, ne’ troppo affrettarsi; che cio’conviene a palafreniere, e non a gentiluomo: senza che, l’uomo s’affanna e suda ed ansa; le quali cose sono disdicevoli.
Ne’ si dee andare si’ lento ne’ si’ contegnoso, come femmina o come sposa.
In camminando, troppo dimenarsi disconviene.
Ne’ le mani si vogliono tenere spenzolate, ne’ scagliare le braccia, ne’ gittarle si’, che paia che l’uom semini le biade nel campo.
Ne’ affissare gli occhi nel viso altrui, come se egli vi avesse alcuna meraviglia.
Sono alcuni che in andando levano il pie’ tanto alto come cavallo che abbia lo spavento; e pare che tirino le gambe fuori d’uno staio.
Altri percuote il piede in terra si’ forte, che poco maggiore e’ il romore delle carra.
Tale gitta l’uno dei piedi in fuori. E tale brandisce la gamba. Chi si china ad ogni passo a tirar su le calze. E chi scuote le groppe e pavoneggiasi, le quali cose spiacciono non come molto ma come poco avvenenti.
Non ista’ bene grattarsi, sedendo a tavola; e vuolsi in quel tempo guardar l’uomo, piu’ che e’ puo’ di sputare e, se pure si fa facciasi , per acconcio modo. Dobbiamo eziandio guardarci di prendere il cibo si’ingordamente, che per cio’ si generi singhiozzo o altro spiacevole atto; come fa chi s’affretta si’, che convenga che egli ansi e soffi con noia di tutta la brigata.
Non ista’ medesimamente bene a fregarsi i denti con la tovaglia, e meno col dito, che sono atti difformi.
Ne’ risciacquarsi la bocca e sputare il vino, sta bene in palese.
Ne’ in levandosi da tavola portar lo stecco in bocca a guisa d’uccello, che faccia suo nido.
Non si conviene anco lo abbandonarsi sopra la mensa. Ne’ lo empiersi di vivanda ambedue i lati della bocca si’, che le guance ne gonfino.
Non si vuole fare atto alcuno, per lo quale altri mostri, che gli sia grandemente piaciuta la vivanda o ‘l vino, che sono costumi da tavernieri.
Non dei tu rifiutar quello che ti e’ porto; che pare che tu sprezzi o che tu riprenda colui che ‘l ti porge.
Non si dee alcuno spogliare, e spezialmente scalzare, in pubblico, cioe’ la’ dove onesta brigata sia! Che’ non si confa’ quello atto con quel luogo.
Ne’ pettinarsi, ne’ lavarsi le mani si vuole tra le persone; che sono cose da farsi nella camera e non in palese, salvo (io dico del lavar le mani) quando si vuole ire a tavola; percio’ che allora si convien lavarsele in palese, quantunque tu niun bisogno ne avessi.
Non si vuole medesimamente allacciarsi le calze in presenza della gente.
Ne’ ista’ bene gittar sospiri, e metter guai. Ne’ stropicciar le mani l’un con l’altra.
Non si voglion fare risa sciocche, ne’anco grasse e difformi.
Ne’ de’ tuoi medesimi motti voglio che tu rida; che e’ un lodarti da te stesso. Egli tocca ridere a chi ode, e non a chi dice.
Tutto quello che ha in se’ soave sapore ed acconcio, fu condito per mano della leggiadria e della avvenentezza.

lunedì 1 dicembre 2008

Solo e sempre Dottor Valteri...NO

E’ possibile che non ti vada bene niente? Te ne vai pure in giro per la Spagna a seminare zizzania, a dire in giro che vuole governare da solo, che non vuole oppositori, e tutte le altre idiozie che escono da quel piccolo cervelletto di cui il padreterno ha voluto omaggiarti. Penso che hai gli incubi notturni e ti svegli sudatissimo la notte gridando: Nooooooo!!!!! Noooooooooo!!!!! Sai cosa ti dico? Ma mi faccia il piacere!!....
Prendi esempio da chi vuol fare veramente opposizione costruttiva. Cesa ha fatto dichiarazioni piu’ distensive cercando il dialogo con il governo, e probabilmente riuscira’ ad aprire un varco e trovare alleati alle sue tesi anche nella maggioranza. Tu invece, per far piacere a Tonino, cerchi a tutti i costi lo scontro frontale, ma ne uscirai sempre con le ossa rotte, perche’ devi ricordare che la delega a Berlusconi a governare l’Italia l’ha data la maggioranza (e che maggioranza!) degli italiani. Se questi ti avessero voluto alla guida del Paese lo avrebbero fatto il 14 aprile. Ma siccome sono coglioni, hanno rinunciato al tuo buon governo e a tutti i miracoli economici che avresti potuto sfoderare per loro. Muoia Sansone con tutti i filistei! D’altronde non puoi pretendere da questo popolo l’ intellighenzia che e’ propria del tuo partito.
Ti ergi a paladino di tutte le cause perse. Adesso hai rispolverato il conflitto d’interessi per via dell’Iva che aumentera’ sui contratti Sky. Ma quali e quanti italiani coinvolgerebbe questa misura? Te lo dico io: coinvolgerebbe coloro che vogliono anche la televisione a pagamento e quindi sono in grado di pagare questi cinque-sei euro di aumento; e ne coinvolgerebbe una modestissima parte, quindi dove sarebbe lo scandalo? Ha forse aumentato l’Iva sul pane o sul latte? E poi perche’ Mediaset, secondo te, sarebbe concorrente di Sky? Vuoi coinvolgere i poveri del mondo pallonaro, che sarebbero i tifosi. Questi spendono centinaia di euro per vedere le partite e per le trasferte e non mi risulta che si lamentino piu' di tanto per i prezzi dei biglietti, pensa per qualche euro di Iva in piu'.
Io, pur non avendo una pensione come la tua, sono un pensionato con idee non „progressiste” come le tue, vivo in Bulgaria per cercare di sopravvivere, e quando stavo in Italia non potevo permettermi la TV a pagamento (era gia’ sufficiente il canone Rai) e quindi se fossi ancora in Italia non subirei alcun ulteriore danno e cosi’ tanti altri milioni di italiani, quindi perche’ dovrei gridare allo scandalo?
Un consiglio, comunque, voglio dartelo, testone che non sei altro. Qualche volta, prima di parlare, metti in bocca una Brooklyn e masticala per dieci minuti: ti aiutera’ a riflettere e a non dire stronzate.
La cosa drammatica, per te, e’ che non ti guardi intorno e hai cattivi consiglieri. Ti ostini a dare cornate a Berlusconi e non ti accorgi che nel tuo partito stai perdendo tutti i pezzi. Se il PD dovesse fare un congresso, oggi, azzerando le cariche per eleggere il nuovo segretario, a te darebbero il ruolo di mascherina, quella che accompagna i delegati ai posti loro assegnati. Mi ricordi uno che per far dispetto alla moglie (in questo caso Berlusconi) si taglio’ le palle. Tu sei destinato, caro Valterino, a fare la fine del Dottor No: esci sempre sconfitto.

domenica 30 novembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 12

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)


Dalla Collana „Le Perle”:

Lettere d’Amore perdute

Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge


La maniera con cui mi sono procurato tali lettere e’ del tutto casuale. Mi e’ sembrata buona cosa il pubblicarle, dedicandole a tutti coloro che hanno sofferto, soffrono e soffriranno per amore. (L’Editore)


Amica mia,
Vi amo, vi amo, vi amo; ripeto queste parole incessantemente a me stesso sino a che esse perdono il loro significato abituale.
Il mio intelletto ed il mio raziocinio si ribellano a queste cose che considero delle futilita’ e del parossismo sentimentale, ma inutilmente. Questo grido sgorga irrefrenabile dal mio cuore. Tutta la mia vita avevo paventato una tale resa, ma non credevo che la sconfitta fosse cosi’ dolce.
Avete vinto, amabile, deliziosa, maliziosa ammaliatrice, ed io sono alla vostra merce’.

Gentile amica,
Il mondo della fantasia e’ un incantevole, prezioso conforto ideale per chi vuol rivivere attimi deliziosi troppo presto passati. Ma a me non basta.
Solo ora ho imparato ad amarvi e purtroppo non ho attimi da ricordare.
Voglio vedervi. Voi mi parlate di legami, di diritti che altri vantano su di voi, ma in nome di Dio, quale legge umana puo’ impedirmi di amarvi?
Verro’ da voi, vi prendero’ semplicemente tra le braccia, e scostando dal vostro volto gli eterni capelli ribelli, vi bacero’ sulla bocca. La tua bocca.

Mia diletta,
Ora ho ancora il mio ricordo da custodire e rivivere e, sebbene a volte mi assalga una cupa disperazione, esso rappresenta per me finalmente una realta’, un conforto incessante.
Come potrei dimenticare? Siamo seduti accanto, io e te, in un tranquillo meriggio d’estate. Tu parli fitto fitto, giocherellando coi piedi sui ciottoli. Di tanto in tanto sollevi lo sguardo verso di me, guardandomi intenta da sotto la tesa del cappellino.
Io taccio, poi anche il tuo parlare si spegne; rimaniamo intenti, silenziosi, soli al mondo.
Che bisogno vi era di parlare?

Amata mia,
Il mio smarrimento aumenta continuamente, come aumenta parimenti il desiderio di averti.
Tutto e’ iniziato come un gioco, una deliziosa schermaglia di sguardi, parole ed allusioni. Poi come nell’insorgere di una malattia, tutto si e’ trasformato, tutto e’ divenuto diverso, ed il tormento e’ ora intenso, quasi insostenibile. Non riesco piu’ a vivere, lavorare, scrivere. Tutto mi e’ divenuto indifferente.
Vedo soltanto la tua immagine: i tuoi capelli color rame che a volte porti sparsi, a volte legati in un’unica treccia, a volte raccolti sul capo.
E’ un pulviscolo dorato, in cui mi e’ caro affondare le mani come nella sabbia dorata e soffice.
E le tue lunghe ciglia che sovente scendono a velare la luce dei tuoi occhi! Se dovrai un giorno dirmi delle cose spiacevoli, abbassa le tue ciglia, altrimenti i tuoi occhi tradirebbero il tuo cuore.

Mia cara,
Vedo che ti meravigli un poco nel sentirmi cosi’ innamorato dei tuoi capelli, ma per me e’ semplice e naturale poiche’ essi fanno parte di me. Anzi sono te stessa.
Sempre la tua persona ha avuto per me un fascino particolare. Ricordo un giorno, agli inizi della nostra amicizia, di averti seguito a lungo a tua insaputa senza farmi riconoscere da te.
Andavi con la tua fantastica maniera di camminare: una spalla piu’ bassa dell’altra, le mani nelle tasche del cappotto, la borsa a tracolla, ed infine la tua deliziosa testa reclinata da un lato come fai sempre quando stai pensando.
Adesso il mio amore per te cresce a dismisura, forse si nutre di solitudine, di angoscia e di disperazione. Che mi e’ rimasto di te ora? Sono cosi’ lontano! Ma forse abbiamo in comune questa incredibile, scintillante, fredda catena di stelle fulgide. Certo, l’abbiamo in comune, sempre pero’ che tu abbia il tempo ed il desiderio di fissarla.

Diletta mia,
La tua ultima lettera mi ha veramente sorpreso, rivela di te una qualita’ insospettabile: la gelosia.
Veramente mi pare una gelosia invero modesta e moderata, infatti mi domandi, forse solo incuriosita, se ho delle avventure con altre donne.
Ma che cosa e’ questa tua blanda gelosia di fronte a quella furiosa che divora me? Tu vivi con un altro uomo e gli appartieni di diritto, e questo mi rende la vita intollerabile. Quante parole, quanti sguardi, quali carezze riservi per lui?
Se ho delle avventure? A volte, anzi piu’ volte la settimana incontro sul tram una piccola ragazza dall’aspetto dimesso. Ha uno sguardo triste e l’aspetto dolce.
Io avverto con la mia sensibilita’ di uomo che soffre, che anche ella e’ infelice, e lo sguardo che ci scambiamo e’come un brivido, un presagio di una cosa che avrebbe potuto essere e che non sara’ mai. Due strade diverse che si sfiorano. Non temere: e’ meno bella di te. Quello sguardo e’ solo un episodio, e’ solo la tua curiosita’ gelosa me lo fa tornare in mente.
Ora sono solo uno straniero che vive di rimpianti e di nostalgia in una citta’ sconosciuta.

Mia diletta,
Devi riconoscere che il mio comportamento e’ ragionevole. Rinuncio a venire da te, a sentirti mia, a rubare attimi felici alla vita.
Anche nello scrivere sono moderato; mai nelle mie lettere menziono il tuo nome, accenno alla tua vita e alle nostre comuni conoscenze. Sarebbero indizi che potrebbero svelare il nostro segreto alla curiosita’ pigra e malevola di quel mondo scadente in cui tu vivi ed al quale annetti tanta importanza.
Potrebbero le mie lettere essere le lettere di tutti e di chiunque, di ciascun uomo innamorato ed infelice. Lettere anonime di una umanita’ che paga a caro prezzo il privilegio di amare ed essere amata.
Ognuno ha il destino che si sceglie consapevole, ma il mio a volte mi atterrisce. Tu non puoi aiutarmi che amandomi. E sono esigente in cio’, amore, pretendo da te un amore sconfinato. Come il mio.

Amore,
C’e’ gia’ nell’aria un’atmosfera natalizia che commuove. Qui cade la neve! Pensa poter correre io e te, tornati bambini, sulla neve bianchissima. E tu con le gote arrossate ed i capelli al vento!
Ho ricevuto i tuoi doni. Ho stretto al cuore il tuo disco che non posso udire perche’ qui non ho un fonografo. Ma che importa? Conosco questa musica di Ciaikovski perfettamente, nota per nota, come conosco il tuo viso perfetto e le tue gentili sembianze.
Sono felice! E’ bastato che tu ti ricordassi di me per rendermi folle di gioia. Affamato di amore mi bastano queste briciole che mi vai elargendo. Ho messo anche la tua sciarpa e sono uscito orgoglioso con quel tuo abbraccio di lana morbida intorno al collo.

Amore mio,
Ora le mie notti sono terribili, la solitudine mi opprime e mi soffoca, il buio mi spaventa.
Tornero’ da te. Ti prego, amore, non cercare di impedirmelo. Basteranno pochi giorni, pochissimi.
Ne’ dovrai preoccuparti della maniera con cui ci vedremo. Ti seguiro’ come un’ombra, attento, cauto, astuto come una volpe. Voglio tenerti ancora tra le mie braccia e sentire di nuovo il sapore della tua bocca morbida, dolcissima. Ti prego, amore, non tentare di impedirmelo: sarebbe piu’ facile per te, con le tue fragili braccia, tentare di arginare un fiume impetuoso.
A presto. A presto!

Amore mio,
Per la seconda volta ho forzato il destino. Ho rubato ancora attimi felici alla vita. Ora per un poco saro’ pago, come e’ pago un mendicane sazio. Poiche’ anche io sono un mendicante: un mendicante di amore. Ma quanti sforzi ho dovuto compiere per far si’ che tu cedessi ancora una volta, una volta sola?
Avro’ sempre questa forza sovrumana per vincere i tuoi scrupoli, i tuoi pentimenti, improvvisi e violenti come i temporali d’estate?
Ti ho visto piangere, ed e’ stato terribile, credi. Ancora oggi ne ho rimorso e pena. Vedere i tuoi begli occhi velati di lacrime e nondimeno bellissimi!
Ma dimmi, anima mia, dove ci portera’ tutto questo?

Amore,
E’ una settimana che piove, una monotonia triste ed oscura piena di malinconia. Miriadi di gocce scorrono sui vetri delle finestre, brillano per un attimo e subito svaniscono, rimpiazzate instancabilmente da altre. Io sto a guardarle affascinato per lunghi tratti. Mi sembra che tutto il pianto ed il dolore del mondo stia li’, condensato, dinanzi ai miei occhi. E’ un mese che tu non mi scrivi, ed io sto precipitando in un baratro di paura e di angoscia.
Sovente ho sofferto di tali periodi di psicosi e di smarrimento. Ricordo da bambino, quando ero travolto da tali periodi di pena sconfinata, solo nel mio lettino. Allora bastava che la mamma entrasse nella mia stanzetta e, consapevole, sfiorasse con le sue dita il mio volto perche’ tutta la mia pena svanisse.
Ora sarebbe sufficiente che tu mi apparissi dinanzi per far dileguare ogni mio dubbio; come un angelo disceso dal cielo solo per me.
Ma gli angeli sono rari e non compaiono per due volte di seguito nella vita di un uomo. E forse tu degli angeli possiedi solamente la bellezza radiosa.
Se anche la parola „ti amo” che mi hai ripetuto mille volte e’ stata un luogo comune per te, priva di ogni significato, allora ti preghero’ come un amico, un malato, un essere umano che ha estremo bisogno di aiuto.
Aiutami! Tu puoi e devi farlo! Cosa sarebbe della tua vita se salvando la tua famiglia e te stessa dovessi perdere me? Ti prego, amore, aiutami!

Mia cara,
Ti ringrazio della tua lettera, e’ sempre qualcosa per me ricevere tue notizie, sebbene questa ultima tua sia piena di amarezza e, in molti punti, ingiusta nei miei riguardi.
Sembra che tu voglia rimproverarmi di volerti troppo bene e, se questo ti preoccupa e puo’ arrecarti dispiacere, allora debbo confessare che il rimprovero e’ pienamente meritato.
Ma come posso controllare i moti del mio animo e del mio cuore? Come si fa a controllare un fuoco quando divampa irruente? Tu, che come sembra sei maestra in tale arte, devi avere la pazienza di insegnarmela.
Lascia, ti prego, amore, che io ti voglia bene come posso e come so. L’amore e’ un’arte semplice, primitiva, naturale, e soprattutto totale. Percio’ amore ti amo, ti amo, ti amo.

Mia diletta,
Ieri, oggi, domani, per sempre ti amero’. Ne’ voglio sottrarmi a questa malia. E se anche io potessi e lo volessi, lo vorresti tu? Vorresti impedirmi di correre da te, di affondare il mio capo sul tuo grembo, di intrecciare le mie mani con le tue?
Pensa, stare con le mani unite nella notte silenziosa mentre le stelle parlano con le altre stelle, ed il mio cuore ripete con il tuo le parole solite delle anime che si amano, ma non per questo meno belle e meno nuove.
Sei bella, infinitamente bella, sei una deliziosa amante, e quando ti vedo sbiancarti in volto e ti sento abbandonare la tua mano nella mia, allora tutto il cielo, le stelle, la natura intonano per me un canto meraviglioso come non ve ne e’ di uguali in tutto il mondo. Io e te!
Come vorrei vivere ed invecchiare cosi’, con la testa appoggiata sulle tue dolcissime mani congiunte.

Amore mio,
Non ringraziero’ mai abbastanza il destino di avermi fatto incontrare te, di averti tenuta per me sul tuo cammino. Sei apparsa come una meravigliosa visione, come la fata dei nostri racconti dell’infanzia: l’immagine che diviene una realta’ bramata e che viviamo poi nel continuo terrore di vederla svanire da quel nulla da cui e’ apparsa.
Sei come il suono di un’arpa, sei come lo stormire del vento tra gli arbusti, sei un tramonto infuocato, sei una pallida e diafana aurora, sei il vento che soffia impetuoso, sei il suono delle campane distanti che ci fanno tornare negli occhi immagini dimenticate. Sei il sole, le stelle, l’aria che respiro. Sei tutto e nulla per me, e sei inafferrabile come il cielo stellato.
Quando i fiumi non scorreranno piu’, quando il sole non sorgera’ piu’ e la terra sara’ un implacabile deserto infuocato e gelido io, ancora, in qualche punto dell’universo gridero’ la tua bellezza con la stessa forza di adesso; perche’ l’amore che sento oggi nel cuore non puo’ perire con me e non perira’.

Mia amata,
E’ primavera, amore, ed io non ti ho ancora rivisto. Tutto germoglia intorno e nasce a nuova vita dopo la tristezza dell’inverno. E’ primavera come allora.
Ricordi amore? A me sembra tutto molto lontano nel tempo. Vi sara’ ancora una primavera per me e per il mio povero cuore?
E’ da tanto tempo che non mi scrivi piu’, a volte mi assale il presagio che la mia meravigliosa avventura sia finita o stia per finire. Il mio scrivere senza speranza e’ come il battere ad una porta chiusa, dietro la quale si sa che vi e’ una persona che ascolta ma che non vuol rispondere e che non rispondera’ piu’.
Dimmi che non e’ vero. Dimmi che la mia e’ solo paura. Forse e’ solo il mio cuore che non avverte la primavera ed e’ ancora avvolto nel gelo triste dell’inverno.

Amore,
Mi chiedi di aver coraggio, anzi mi scrivi: „devi avere il coraggio per amor mio”. Ti appelli alla nobilta’ del mio cuore, alla mia fortezza di animo affinche’ io ti lasci „non posso piu’ vivere in questa maniera” dici.
Ti rendi conto della gravita’ di cio’ che mi chiedi? Mi hai sospinto al di fuori delle amicizie comuni, mi hai quasi scacciato dalla citta’ in cui tu vivi, ed ora mi vuoi respingere al di fuori del tuo cuore in un deserto di disperazione.
Eppure con tremenda lucidita’ capisco che questo e’ ineluttabile. Tu non mi ami piu’, e forse non mi hai mai amato.
Tante volte mi hai sospirato sul cuore „per sempre” ed io ogni volta ti ho creduta sincera...
Ed ora io non dovrei piu’ vederti „per sempre”. Lo sai cosa significa cio’? Per sempre, per sempre. Una somma infinita di minuti, di ore, di giorni, di anni. Tutta una vita senza di te!
Condannato per tutta una vita ad una solitudine certa, infinita. Una lunga tortura senza una luce di speranza. Ma io posso e debbo abbreviarla questa tortura, questa lunga sofferenza inutile.
E’ questo che vuoi? Non aver paura ad essere sincera. Io non ho bisogno di un eccessivo coraggio per affrontare l’ignoto, non sarebbe neanche coraggio, in fondo, ma una fuga da questa vita che mi ripugna senza di te!
Tutto sara’ meglio che sentirmi abbandonato da te, dall’invecchiare senza speranza, dal vedere sfiorire il mio corpo senza di te, per sempre, per sempre, per sempre!
Bastera’ questo? Bastera’ il mio sacrificio, novello Isacco, sulla fredda pietra dell’altare del tuo egoismo e della tua rispettabilita’?
Addio dolcissima amata mia, addio per sempre; non hai voluto o non hai saputo comprendere, ma non aver rimorsi per me. Tutto mi e’ ora indifferente. Ed a che varrebbe il ribellarsi?
„Non devi vedermi piu’” scrivi „per sempre”. Per sempre!
Spero solo che in quel cielo ove cercavo il tuo viso splendente a gareggiare con gli astri, vi sia realmente un mondo diverso dal nostro in cui un giorno, deposte queste nostre ridicole passioni, ci si possa incontrare di nuovo e tu possa capire finalmente il mio amore, finalmente libero dalla sofferenza. Addio amore, addio per sempre e ti prego, ricordami. Che il Signore ti protegga sempre.
Addio, addio.