giovedì 16 ottobre 2008

Cambi casa e ti cambia la vita

Avete mai cambiato casa? Penso che nella vita a ognuno di noi, almeno una volta, e’ capitata questa disgrazia. Si, perche’ di disgrazia si tratta. Almeno per un paio di mesi si e’ costretti a vivere in una condizione irreale, non si capisce bene se si e’ accampati, rifugiati, sbarcati da una delle tante carrette del mare che trasportano clandestini. Vuoi cercare di mettere a posto ogni cosa nel piu’ breve tempo, ma ti accorgi con disappunto che piu’ cerchi di ordinare le mille cose che ti circondano e piu’ ne escono, e poi tiri fuori quello che hai conservato perche’ ti accorgi che li non va bene, non sai dove metterlo e lo appoggi momentaneamente da una parte. Fortunatamente c’e’ un buco di cantina dove appoggiare le cose che adesso non servono a casa. Poi bisognera’ sistemarla per farci entrare piu’ roba possibile. Ah, Kocha, ricordami di farmi prestare da Tosco il trapano elettrico, cosi’ posso fissare bene al muro le mensole.
Il trasloco si fa alla buona, poco alla volta, con la macchina. Negli ultimi giorni del mese l’amico Tosco ti porta un altro amico che ha un furgone e viene ad aiutarti con un altro amico ancora a smontare i mobili e caricarli sul furgone, portarli nella nuova casa e rimontarli. Qui a Pazardzhik funziona cosi, anche perche’ non ci sono ditte di traslochi come in Italia. Questa e’ gente capace di far tutto, perche’ nella vita, purtroppo, hanno dovuto fare di necessita’ virtu’, e io li invidio perche’ sanno districarsi da qualsiasi problema. Quando hanno finito, naturalmente, domandi quanto costa. Venti leva per la benzina del furgone. Ok, ma a voi? Noi niente. Qui ancora si vive cosi’. Oggi io aiuto te e domani forse servira’ una mano a me. Non e’ possibile. Li inviti per la sera almeno a venire a cena al Manastir e finalmente accettano.
Se cambi da una casa arredata a un’altra la cosa si presenta ancora piu’ drammatica. I nuovi mobili non si adegueranno piu’ agli oggetti da conservare e dovrai adattarli in modo diverso, lavoro certosino e fantasia da stilista. Nel bagno non entra il mobiletto che tanto ti piaceva, ma e’ un peccato abbandonarlo nel balcone, bisognera’ inventarsi qualcos’altro.
Ti accorgi all’improvviso che – essendo stato, l’appartamento, disabitato per molto tempo – apri una finestra ma non si chiude bene, lo scarico del water perde acqua e il galleggiante e’ rotto cosi’ come la valvola dello scaldabagno che gocciola continuamente, una serranda rimane incastrata e non viene giu’, il campanello non funziona. Ti ritrovi con le mani ai fianchi a pensare cosa fare, in quel momento maledici il momento in cui hai deciso di cambiare; e si, perche’ pensavi di cambiare in meglio e invece incappi in un sacco di grane da affrontare, poi ti calmi un attimo e pensi che alla fine sono tutti piccoli problemi, ma non sono di tua cognizione tecnica e quindi devi chiamare qualcuno che te li sistemi. Vabbe’, domani vediamo.
Arriva la sera e guardi in faccia la tua compagna. Siamo senza televisione. Domani ricordiamoci di chiamare il tecnico per far montare la parabola, per il computer bisogna abbonarsi per avere la connessione a internet. Che si fa? Senti, facciamo una cosa, datti una sistemata e andiamo a cena fuori: in casa non c’e’ niente e bisogna controllare i fornelli. Appena sistemata casa dobbiamo correre subito a comprare un frigo, ti eri accorta che qui non c’e’? Bisogna vedere come sistemarlo, perche’ la cucina e’ molto piu’ piccola e poi sto vedendo che il soggiorno e’ macchiato dal calore del termosifone, sarebbe il caso di dargli una imbiancatura. “Ma quando siamo venuti a vedere l’appartamento avevamo gli occhi foderati?”. “Sembra di si’”. “Ok, domani domandiamo a Pepo se conosce un pittore”. Il tecnico dell’antenna arriva il giorno dopo e dopo due ore installa tutto e possiamo vedere la televisione.
Nel frattempo, come non bastasse il casino in cui ti trovi, il cambio automatico della Tempra ti abbandona. Impossibile trovarlo in Bulgaria (e penso anche in Italia). Pero’ si puo’ adattare un cambio normale, anche usato. Vlado, l’amico meccanico, si assume l’incarico di cercarlo e una volta trovato adattarlo. Quanto tempo passera’? Non si sa, il tempo di trovarlo. Qui sembra di essere fuori dal tempo. Va bene cosi’, forse si vive piu’ a lungo. Il problema, purtroppo, e’ che adesso che vorrei fare delle passeggiate a piedi o in bicicletta non ho piu’ il sostegno delle gambe che mi creano dei dolori dopo dieci minuti di cammino. Il dottore dice che le ossa delle anche stanno cedendo, speriamo il piu’ tardi possibile perche’ entrare in una struttura ospedaliera a Pazardzhik e’ traumatico, specialmente per me che non ho avuto mai, grazie a Dio, ricoveri ospedalieri.
Finalmente arriva Pepo, figlio dei proprietari dell’appartamento, che porta una serratura nuova per il bagno. Insieme a lui arriva anche il pittore con vernice e pennello e comincia la pulizia del soggiorno quasi vuoto. Pepo monta la serratura e va via dicendomi che va a prendere il galleggiante: da quel momento sparisce. La porta del bagno ha, ad altezza occhi, una finestra in vetro dalla quale si puo’ spiare dentro. Qui forse non esiste il garante della privacy. Dovro’ provvedere con qualche poster incollato all’interno, perche' quella e' una porta adattata all'uopo. Il pittore verso le sei del pomeriggio finisce l’opera, novanta leva compresa la vernice. Sembra che le cose poco alla volta possano sistemarsi, ma evidentemente il destino sta monitorando la nostra pazienza e la nostra forza interiore.
Mentre colleghiamo la televisione e cominciamo a mettere a posto qualcosa, squilla il mio cellulare. E’ Eva dalla Polonia e risponde Renata. Non abbiamo ancora internet quindi skype non funziona. Dopo dieci secondi sento urla e pianti disperati di Renata che parla con Eva. Immagino subito qualcosa di grave. Renata riattacca e tra la disperazione piu’ totale mi dice, tra un singhiozzo e l'altro, che e’ morta Monica, 24 anni, la figlia maggiore. Cerco di capire come e perche’ e mi risponde che ha avuto un attacco ed e’ annegata nella vasca da bagno. Monica soffriva di epilessia. Non c’e’ niente che possa calmare le grida e il pianto di Renata e io dietro a lei. Ma forse il pianto e’ l’unico calmante naturale. Notte in bianco, telefonate in Polonia e in Italia, bisogna trovare subito un volo per Varsavia. Poi lentamente si trova un lume di ragione. Il giorno dopo prenoto l’aereo per Varsavia, li’ ci sara’ Jarek a prendere Renata e portarla a Tarnobrzeg. La tragedia e’ aggravata dal fatto che Monica lascia due creature, Kasper di quattro anni e Alexandr di 8 mesi. Stringendo i denti cerco di consolare e fare forza alla mia compagna che sembra quasi caduta in catalessi, gli occhi gonfi e arrossati. L’amico Koze mi presta l’auto per accompagnare Renata all’aeroporto di Sofia. Venerdi’ alle 14,40 parte per Varsavia e da quel momento restiamo lei con la sua disperazione e io con la mia solitudine. Il collegamento a internet che doveva avvenire venerdi’ lo rimando al lunedi’ successivo.
Qui veramente chi trova un amico trova un tesoro. Gente meravigliosa disposta a tutto per aiutarti. Un pensiero particolare va alla nostra amica Petia, che chiamiamo scherzosamente Pepsi Cola, che mi ha commosso fino alle lacrime per la sua generosita’. Venerdi pomeriggio vado a trovare Tosco e Katia, amici che mi hanno aiutato a trovare e cambiare casa, comunico loro quello che e’ successo e si mettono a disposizione per qualsiasi bisogno, declino l’invito a cena e li saluto con la promessa che verro’ a cena il giorno dopo. Quando vado a trovarli, sabato, Tosco mi dice che Katia sta in ospedale: la sera prima e’ scivolata in bagno e si e’ rotto il femore. Adesso il vaso e’ pieno. Non so ancora bene come funziona il servizio sanitario in Bulgaria, certo non e’ il nostro, perche’ Tosco mi dice che deve versare 2100 leva per l’operazione, forse poi gli rimborseranno la meta’. Dovro’ approfondire l’argomento, perche’ se un paziente non ha i soldi, voglio sapere se lo fanno morire invece di operarlo. Domani, comunque dovrebbero operarla.
Oggi e’ giovedi, lunedi si sono svolti i funerali di Monica, sono collegato a internet, ho potuto parlare con Renata e stranamente l’ho sentita calma, forse non aveva piu’ niente da dare o forse era felice di avere con se’ in quel momento Kasper, il nipotino, un amore di bimbo che mi salutava da skype “tresc Antonio”. Martedi prossimo dovrebbe tornare, spero.
L’ultima volta che e’ andata in Polonia avevo appena trovato casa a Pazardzhik e vi e’ rimasta sei mesi contro la sua volonta’, lasciandomi nella depressione piu’ assoluta, adesso l'abbiamo cambiata e si e' verificata questa tragedia. Sara’ difficile cambiarne un’altra. Spero di poterla abitare con Renata vita natural durante. Penso che abbiamo dato abbastanza, che ne dici? Sto parlando con te, Signore mio e mi chiamo Antonio, non Giobbe.

martedì 14 ottobre 2008

Un calcio nel culo ai farabutti


11 ottobre 2008: Bulgaria-Italia, qualificazioni ai mondiali 2010 in Sudafrica. Attendevo questo giorno come un evento straordinario. Vivo da pensionato in Bulgaria da due anni e mezzo e questa partita l'aspettavo, con il mio amico Kantarev, per andare a vederla insieme, lui con il figlio Antonio di 12 anni e io con un ragazzino di 13 anni, Boyan, figlio di amici bulgari. Per i ragazzi, vedere per la prima volta una partita della loro nazionale allo stadio Levskj di Sofia era una chimera ed erano quattro mesi che trepidavano; per me significava il consolidamento di un'amicizia tra i nostri popoli e in particolare tra me e Kantarev, ex calciatore del Pazardzjik. D'altronde, in Bulgaria, spero di viverci per il resto dei miei giorni.
Entriamo allo stadio due ore prima, dopo aver passato due controlli di polizia, in un clima di festa generale. Poco alla volta lo stadio si riempie: trombe, fasce tricolori, bandiere, cappelli, facce tinte di bianco verde e rosso, e' veramente bello e folcloristico e ai bulgari non par vero poter incontrare i campioni del mondo, sperando in cuor loro di portare a casa un punticino.
Mezz'ora prima dell'incontro cominciano ad arrivare, in diagonale di fronte a noi, i primi tifosi italiani. Il settore e' isolato da altri tifosi ed enorme rispetto all'esiguo numero di italiani. L'attenzione dello stadio intero viene attratta dalle bombe-carta che gli ultras bulgari del settore contiguo lanciano verso i tifosi italiani. Il continuo lancio li costringe a rifugiarsi e raggrupparsi nella parte opposta del settore. Gli ultras bulgari si accalcano alle inferriate divisorie per scavalcarle e la polizia interviene in forze per allontanarli. Cori e invettive da ogni parte, naturalmente. Poi tutto lo stadio a gridare nei nostri confronti "nie bulgari iu nazi", il nostro inno viene fischiato da tutto lo stadio.
Lo stadio adesso e' pieno di 35.000 tifosi, rimane vuoto soltanto il settore dei tifosi italiani. Mi accorgo di essere l'unico italiano, in quel settore, circondato da bulgari. Sono tutti normalissimi tifosi, festaioli, che vengono a veder giocare la loro nazionale e che torneranno a casa contenti o amareggiati a seconda del risultato. In quel momento non riesco a dare un senso a quella ostilita' che mi preoccupa. Faccio del tutto per non evidenziare la mia provenienza, non per paura dei tifosi che mi stanno accanto, ma per qualche balordo che potrebbe gridare all'italiano e trascinare poi la massa alla bestialita'.
Vediamo la partita che si svolge nell'anonimita' piu' assoluta. Una sola parata per Amelia, nessuna per il portiere bulgaro. Lippi dice di aver visto una buona squadra, beato lui. Io vedevo i tifosi bulgari trattenere il fiato ogni volta che aveva palla l'Italia e sono usciti dallo stadio felici di aver impattato la partita. Sicuramente ci qualificheremo perche' dobbiamo superare solo "pizze e fichi", ma quest'Italia di oggi non superera' i quarti, altro che campioni del mondo!
Finisce 0-0 e torniamo a casa tutti felici e contenti come nelle favole, soprattutto i ragazzi che hanno coronato un sogno e domani potranno parlarne con gli amichetti. Contenti anche io e Kantarev perche' il pareggio permette a noi di continuare con tranquillita' e a loro di sperare per i prossimi incontri.
12-13 ottobre: Tutti i giornali e canali televisivi italiani si occupano degli incidenti avvenuti a Sofia nella partita Bulgaria-Italia. Bandiera bulgara data alle fiamme dai nostri tifosi, ultras politicizzati e nostalgici, lancio di oggetti, facinorosi, fascisti, svastiche, croci celtiche, ecc. Tutti a ricamare, discutere, pontificare, deplorare il fenomeno, e' una vergogna, tifosi che per decreto non andranno piu' al seguito della nazionale, e' la prima volta che succede, scuse al governo bulgaro, discussioni e approfondimenti di costume, e chi piu' ne ha piu' ne metta: tutto questo per commentare un fenomeno che si verifica quasi tutte le domeniche nei nostri stadi ma la prima volta all'estero. Trecento tifosi in tutto, possibile che fossero tutti delinquenti? Penso che al massimo potessero esserci una trentina di scemi dalla nostra parte e una cinquantina da parte bulgara. Eppure cosi' poche persone sono state capaci di far nascere quasi un caso diplomatico.
Non sono un opinionista, ne' un storico, ne' uno studioso di fenomeni sociali, sono solo un povero pensionato che vuol vivere tranquillo; ma, per la miseria... posso, una volta tanto, dire anche la mia opinione? Ebbene, la dico!
Prima di tutto voglio testimoniare, anche se eravamo distanti circa 150 metri, che i primi a provocare sono stati gli ultras bulgari lanciando petardi contro i tifosi italiani che stavano appena entrando, poi naturalmente gli animi si surriscaldano e si risponde alle provocazioni con altre provocazioni e alla fine non si sa mai chi ha torto e chi ragione, si contano solo i danni provocati. Poi vengono riprese dalla televisione le croci celtiche bulgare e tutti i simboli di vecchia memoria. Non voglio qui attenuare le circostanze di quanto avvenuto, anzi! Ma mi chiedo: come puo' accadere? A questi pseudo-tifosi io appiopperei un paio di anni di galera (possibilmente bulgara) in modo che possano rinfrescarsi il cervello che hanno annebbiato da non so quale odio contro tutto e tutti.
Ma soprattutto voglio gridare Vergogna, Vergogna, Vergogna!! a chi permette che queste cose possano ancora accadere. Come fanno, questi facinorosi, a trovarsi allo stadio con bastoni, bombe-carta per non dire bombe, fumogeni, simboli e bandiere che ricordano odio e violenza? Ai tornelli passano tutti i comuni tifosi e uno per uno vengono perquisiti. Succede in Bulgaria cosi' come in Italia. All'ingresso io sono stato perquisito due volte.
E allora come e' possibile che questi delinquenti travestiti da tifosi, che infangano e coinvolgono nelle loro miserabili gesta anche la stragrande maggioranza dei tifosi veri, possano ancora far entrare tutto questo armamentario allo stadio? E' vergognoso che avvenga, ma e' ancora piu' vergognoso che si lasci succedere. Da qualche parte c'e' un buco che bisogna coprire. Non lo si vuole trovare o non lo si vuole coprire? Cui prodest? E' solo questo il problema, tutto il resto e' chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere...
E poi, quando si individuano questi scemi delinquenti, processarli per direttissima e mandarli in galera, ma veramente!, senza attenuanti, senza domiciliari, senza scuse, accompagnandoli con un calcio nel culo, perche' si ricordino cos'e' il calcio. Pena da scontare interamente e facendo pagare loro i danni che arrecano alla comunita'. Sono sicuro che in pochissimo tempo il fenomeno sarebbe o ridimensionato o scomparso del tutto. E speriamo di non esser tacciato di fascismo. Ordine, rispetto degli altri, convivenza civile, certezza della pena, insieme a mille altri doveri e diritti, sono essenza di democrazia! Cominciamo da qui... augurandoci che il tifoso non debba vergognarsi, un giorno, di essere tifoso. Si', perche' nella terra di Bengodi, puo' succedere questo e altro ancora.