sabato 6 dicembre 2008

In ricordo di Franco Spinosi - 16

(Vedi il preambolo dedicato a
Franco Spinosi sul post n. 1)

Dalla Collana „Le Perle”:

Proverbi di Salomone

Copyright by Franco Spinosi Editore
Editrice La Sfinge
La traduzione dei testi e’ stata presa da: „La Sacra Bibbia” per gentile concessione delle „Edizioni Paoline”

Ho voluto, sul mio blog, far rivivere queste miniature di Franco Spinosi, per due motivi: il primo e’ per ricordare il mio amico e rendergli il giusto omaggio ad oltre un anno dalla sua scomparsa; il secondo perche’ queste massime, questi proverbi, queste parole scritte da autori vissuti alcuni in tempi remotissimi e altri solo remoti, tuttavia, pur nel loro linguaggio talvolta astruso ed arcaico, sono opere senza tempo, sempre attuali, ieri come oggi e per il futuro. Mi ritrovo a riflettere, dopo averle battute e rilette sul computer, che basterebbe applicare – ognuno di noi – la centesima parte di quanto contenuto in esse, perche’ il mondo possa esser reso migliore, per renderci conto che ognuno di noi e’ fratello all’altro, sia esso povero o ricco, che sia bianca o gialla o nera la sua pelle, qual che sia la sua religione e il suo credo. Io ho questa speranza, spero di trovare altri uomini di buona volonta’... (u fissa)

Non tramare alcun male contro il tuo prossimo, mentre egli vive in piena fiducia con te (3-29).
Non questionar con nessuno senza motivo, quando altri non ti fan nulla di male (3-30).
Non dire a chi ti chiede: „Vattene! Ripassa, te lo daro’ domani” quando la cosa e’ in tuo potere
(3-28).
Confida nel Signore con tutto il cuore, ma non basarti sulla tua prudenza (3-5).
L’abbandono della sapienza uccide gli sciocchi, e la noncuranza rovina gli stolti (1-32).
Principio di saggezza: credi alla necessita’ della sapienza, e a costo di quanto possiedi procura di acquistarla (4-7).
Non crederti saggio agli occhi tuoi, ma temi Dio ed evita il male
(3-7).
Non negare un beneficio a chi lo chiede, quando sei in grado di farlo (3-27).
Piu’ di tutto veglia sul tuo cuore, perche’ da quello sgorga la vita
(4-23).
Non invidiar il trionfo del prepotente, ne’ seguire alcuna delle sue vie; perche’ i perversi son l’abominio di Dio, mentre i giusti sono i suoi confidenti (3-31, 32).
Bevi l’acqua della tua cisterna, e quella che sgorga dal pozzo, ch’e’ tuo (5-13).
Sia benedetta la tua sorgente! Trova la gioia nella donna della tua giovinezza! (5-18).
La gloria e’ parte dei saggi, e l’ignominia la sorte degli stolti (3-35).
Va’ a vedere la formica, o pigro! Mira quello che fa e diventa saggio (6-6).
Chi puo’ camminare sopra la brace senza scottarsi i piedi? Tal e’ colui che vuol godere la donna del prossimo: chiunque la tocca non rimarra’ senza danno (6-28, 29).
Principio della Sapienza e’ il timor di Dio; ma la saggezza e disciplina sono scherno per gli stolti
(1-7).
Quando la sapienza entrera’ nel tuo cuore e la sua conoscenza formera’ la delizia dell’anima tua, allora la prudenza vegliera’ su di te, e ti fara’ da guardia la discrezione, per tenerti lontano dalle vie del male, dall’uomo che nutre perversi disegni, da quanti, abbandonati i retti sentieri, corrono per vie tenebrose (2-10, 13).
Non riprendere l’arrogante: ti prendera’ in avversione; correggi il savio e ti amera’ (9-8).
Da’ consigli al savio e lo diverra’ ancor di piu’, istruisci il giusto e crescera’ nel sapere (9-9).
Dio non lascia patire la fame al giusto, ma delude la cupidigia dei malvagi (10-3).
Chi non corregge per debolezza, danneggia; chi riprende con franchezza, dona tranquillita’ (10-10).
Chi raccoglie in estate, e’ persona avveduta, ma fa vergogna l’uomo che dorme alla mietitura (10-5).
Chi agisce con schiettezza, cammina sicuro, ma chi segue le vie storte, e’ presto scoperto (10-9).
Chi parla molto, non va immune dai falli: e’ quindi prudente chi frena la lingua (10-19).
Il salario del giusto serve alla vita, il guadagno dell’empio sfuma nei vizi (10-16).
Sulle labbra del savio trovi la sapienza, sulla schiena dello stolto trovi il bastone (10-13).
Non servono le ricchezze quando giunge il castigo, ma e’ la giustizia che libera dalla morte (11-4).
Donna virtuosa e’ l’onor del marito, ma trono di vergogna e’ una donna viziosa (11-16).
La benedizione degli onesti edifica la citta’, ma la bocca dei malvagi la demolisce (1-11).
La signora follia e’ frivola, una sciocca che non sa niente (9-13).
Cerchietto d’oro alle nari di un porco e’ una donna bella, ma priva di senno (11-22).
All’empio accadra’ quello che teme, il giusto otterra’ quello che brama (10-24).
L’uomo generoso fa del bene a se stesso, il duro di cuore strazia la propria carne (11-17).
Chi mette discordia in casa sua, eredita il vento, e lo stolto diventa schiavo del saggio (11-29).
La donna virtuosa forma la gloria di suo marito, ma quella che lo disonora e’ come carie nelle sue ossa (12-4).
Se il giusto riceve qui in terra la sua punizione, quanto piu’ l’empio e il peccatore? (11-31).
Un uomo comune che basti a se stesso, val piu’ d’un borioso che manca di pane (12-9).
Lo stolto manifesta subito la sua collera, l’uomo accorto dissimula l’offesa (12-16).
La mano pigra impoverisce, ma quella operosa fa arricchire (10-4).
L’odio suscita contese, la carita’ invece copre ogni fallo (10-12).
La scienza del saggio sta nel conoscere la propria via (14-8).
Chi veglia sulla lingua, conserva la sua vita, chi parla troppo va in rovina (13-3).
Chi disprezza il comando si perdera’ (13-13).
Ricchezza acquistata alla svelta svanisce, ammassata a poco a poco si accresce (13-11).
La giustizia rende un popolo grande, il vizio lo conduce alla decadenza (14-34).
La mano operosa comanda, quella pigra serve (12-24).
Il timor di Dio e’ l’odio del male (8-13).
Senza buoi, granaio vuoto, bove robusto raccolto abbondante (14-4).
Le parole dello stolto son la verga del suo orgoglio (14-3).
Il povero e’ odioso persino ai parenti, il ricco invece ha molti amici (14-20).
Il ligro non riesce ad arrostir selvaggina (12-27).
L’uomo prudente non vanta il suo sapere (12-23).
In ogni luogo sono gli occhi di Dio: egli osserva buoni e cattivi (15-3).
Anche fra le risa il cuore puo’ trovar della pena, e la gioia puo’ mutarsi in dolore (14-13).
Un popolo numeroso e’ la gloria di un re, la scarsezza dei sudditi e’ la rovina di un principe (14-28).
Per il povero tutti i giorni sono tristi, per il cuore felice e’ destino perpetuo (15-15).
Speranza differita fa languire il cuore, desiderio soddisfatto ridona la vita (13-12).
Chi risparmia la verga, odia suo figlio, chi invece lo ama, prodiga correzioni (13-24).
Ogni cuore e’ solo a soffrir le sue pene, e non ha socio nel gustar le sue gioie (14-10).
Meglio incontrare un’orsa privata dei piccoli, che uno stolto nel suo delirio (17-12).
Chi coltiva l’amicizia, sa celare le colpe, ma chi le svela perde gli amici (17-9).
Vi e’ un crogiolo per purificare l’argento e il fornello per l’oro, ma i cuori li prova il Signore (17-3).
Il Signore ha fatto ogni cosa per un fine, e persino l’empio e’ creato per il giorno della sventura (16-4).
Chi tien gli occhi fissi, macchina inganni; chi preme le labbra ha gia’ commesso il male (16-30).
L’appetito dell’operaio lavora per lui, che’ l’esigenza della sua bocca lo stimola (16-26).
Meglio aver poco e goderlo nel timor di Dio, che possedere un gran tesoro nell’inquietitudine (15-16).
Meglio un piatto di verdura condito d’affetto, che un bue grasso con contorno di odio (15-17).
Appartiene all’uomo far nel suo cuore dei progetti, ma spetta a Dio la decisione (16-1).
Chi vive isolato, segue i suoi gusti, e si irrita contro ogni consiglio (18-1).
Chi trova una donna buona, ha trovato la fortuna, ha ottenuto un gran dono da Dio (18-22).
Un regalo in segreto, placa la collera, un dono sotto il mantello calma il furore (21-14).
Il giudice corrotto accetta regali sotto il mantello, per mutare il corso della giustizia (17-23).
Anche uno stolto, se tace, passa per saggio, ed e’ creduto intelligente, se tiene chiuse le labbra (17-28).
Il cuore dell’uomo prima si insuperbisce e poi cade, ma all’umiliazione segue la gloria (18-12).
Vale piu’ un uomo paziente che un eroe! (16-32).
Meglio aver poco, ma onestamente, che grandi entrate senza giustizia (16-8).
Chi rende male per bene, non si togliera’ la sventura di casa (17-13).
Una risposta dolce placa l’ira, una parola pungente eccita la collera (15-1).
Il cuore felice rende lieto l’aspetto (15-13).
Iniziare una lite e’ come aprire una diga (17-24).
Il fanciullo manifesta gia’ coi suoi atti, se illibata e retta sara’ la sua condotta (20-11).
Il consiglio nel cuore umano e’ come acqua profonda, ma l’uomo accorto la sa attingere (20-5).
Dolce e’ per l’uomo il pane della frode, ma poi ha la bocca piena di sabbia (20-17).
Castiga il tuo figlio, finche’ c’e’ speranza, ma non fino al punto di farlo morire (19-18).
Il pigro tuffa la mano nel piatto, ma poi gli pesa riportarla alla bocca (19-24).
Doppio peso e doppia misura sono in orrore davanti a Dio (20-10).
Senza riflessione anche lo zelo diventa indiscreto (19-2).
Chi coltiva troppe amicizie, ne subira’ danno, come chi si immischia nei fatti altrui (19-7).
La casa e le sostanze si ricevono in eredita’ dai padri, ma una moglie intelligente e’ un dono di Dio (19-24).
Chi accarezza sin da fanciullo lo schiavo, alla fine sara’ da lui maltrattato (29-21).
L’anima dell’uomo e’ la lampada del Signore, che penetra fin nel piu’ intimo del nostro essere (20-27).
Meglio abitare in un angolo di soffitta, che vivere in comoda casa con donna bisbetica (21-9).
Fossa profonda e’ la bocca delle perdute, e chi non e’ protetto da Dio vi cade (22-14).
Chi ama i lauti conviti, finira’ in miseria, ne’ sara’ ricco chi ama vino e profumi (21-17).
I desideri del pigro lo fanno morire, perche’ le sue mani ricusano il lavoro (21-25).
Chi semina iniquita’, raccoglie sventura, e tutta la sua fatica finisce in niente (22-8).
La stoltezza e’congenita al cuor del fanciullo: ma la verga ben usata glie la sa distaccare (22-15).
Il cielo per la sua altezza, la terra per la sua profondita’ sono insondabili come il cuore del re (25-3).
Meglio vivere in un deserto, che con una donna bisbetica e dispettosa (21-19).
Il regalo vi apre tutte le porte, e v’introduce alla presenza dei grandi (18-16).
Fresco di neve nel caldo della mietitura, e’ l’inviato fedele per chi lo manda: ristora l’animo del suo signore (25-13).
Mela d’oro su piatto d’argento e’ una parola detta a tempo debito (25-11).
Entra di rado nella casa del tuo vicino, perche’ annoiato di te, non ti prenda in avversione (25-17).
Trovando del miele, mangiane solo quanto ti basta, non riempirtene per poi rigettarlo (25-16).
Nuvole e vento, ma niente pioggia, tali son belle promesse non mantenute (25-14).
Un ramo di spine in mano all’ubriaco, e’ il proverbio nella bocca degli stolti (26-9).
Come un passerotto che fugge, una rondine che vola, tale e’ l’imprecazione non meritata: non raggiunge lo scopo (26-2).
Chi opprime il povero, lo arricchisce, chi dona al ricco, l’impoverisce (22-16).
Non ti vantare del domani, perche’ non sai che cosa ti porta (27-1).
Vernice d’argento su coccio di creta, son labbra dolci e cuore malvagio (26-23).
Chi fa la carita’ al povero impresta a Dio (19-17).
Arroganza vi e’ nel vino, insolenza nel liquore (20-1).
Meglio una riprensione aperta, che un amore muto (27-5).
L’Abisso e l’Inferno non sono mai pieni, e gli occhi non sono mai sazi (27-20).
Stillicidio noioso in giorno di pioggia e donna bisbetica sono tutt’uno.
Cantar canzoni a un cuore afflitto, e’come spargere aceto su una piaga (25-30).
Chi lavora la sua terra, abbondera’ di pane, ma chi va dietro a chimere, sara’ saziato di miseria (28-19).
Chi ruba al padre o alla madre, dicendo: „non e’ male”! e’ il compagno dell’assassino (28-24).
Allo stolto, quand’anche lo pestassi nel mortaio, non toglieresti la sua follia (27-22).
Chi svia i buoni per una cattiva strada, cade nel suo stesso tranello (28-10).
Chi va adulando il suo prossimo, gli tende un laccio ai piedi (29-5).
Quando manca la visione di un profeta il popolo diventa sfrenato (29-18).
Gola sazia disprezza persino il miele, gola affamata trova dolce anche l’amaro (27-7).
Il povero e l’usuraio s’incontrano; ma tutti e due ricevono da Dio il medesimo sole (29-13).
Quando un superiore da’ ascolto a rapporti menzogneri, tutti i suoi fidi diventeranno cattivi (29-12).
Sincere sono le busse di chi ama, minacciosi i baci di chi odia.
Vi sono tre cose misteriose, anzi quattro, che non posso intendere: come l’aquila si levi nel cielo, come la serpe corra sulla roccia, come la nave cammini in mezzo al mare, come l’uomo si formi nel seno materno. Tale e’ la condotta della donna adultera: pecca, poi s’asciuga la bocca e dice: „Non ho fatto niente di male!” (30-18, 20).
Vi sono tre cose che fan tremare la terra, anzi quattro che non puo’ sopportare: uno schiavo che diventa re, uno stolto che ha pane in abbondanza, una giovane spregevole che trova marito, una serva che soppianta la padrona (30-21, 23).
Non sprecar le tue forze con donne, ne’ i tuoi reni con le corruttrici dei re (31-3).
Non amar il sonno, se no impoverirai (20-13).
Per i delitti di un paese, molti diventano i suoi governanti (28-2).
Chi scava la fossa, vi casca dentro, e chi rotola un masso, gli viene addosso (26-27).
Vi sono tre cose che non si saziano mai, anzi quattro che dicono mai: „Basta!”: il soggiorno dei morti e il piacere impuro, la terra che l’acqua non puo’ saturare, e il fuoco che non rifiuta mai l’esca (30-15, 16).
Non calunniare un servo presso il suo padrone, affinche’ non ti maledica, e tu non ne abbia a portare la pena (30-10).
Quattro cose son tanto piccole sulla terra, eppur s’ammirano fra le piu’ sagge: le formiche, popolo senza forza, ma che si procura il vitto nell’estate; gli iraci, timidi animaletti, ma che si fan la tana sulla roccia; le cavallette, senza re, ma che avanzano in schiere ordinate; la lucertola, che si prende con le mani, eppure penetra nei palazzi dei re (30-24, 28).

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