mercoledì 1 aprile 2009

Paese che vai clandestini che trovi

Quanto durera’ ancora questa carneficina? E’ di due giorni fa la notizia dell’ultima tragedia del mare, consumatasi al largo delle coste libiche. Centinaia di disperati in cerca di una vita migliore, ammassati peggio che bestie su barconi fatiscenti, sono annegati travolti dalle onde agitate che avrebbero dovuto portarli sulle coste di Lampedusa. E’ l’ultimo di una lunga serie di affondamenti di barche stracariche di disgraziati che vorrebbero dalla vita condizioni piu’ umane, rei soltanto di essere nati in Africa invece che in Europa. I morti arrivano a molte migliaia. Mi viene da pensare che lo stesso Dio che li ha fatti nascere, mosso – forse - da compassione o rimorso, voglia porre fine alla loro miserabile esistenza, accogliendoli anzitempo nei giardini celesti, per ripagarli subito delle estreme sofferenze vissute. E se questi giardini celesti non esistessero?
Questi poveri disgraziati partono in qualsiasi condizione, pur di fuggire da una non vita; il miraggio del benessere li spinge a rischiare la vita pur di raggiungere l'Europa e l'Italia in particolare, non sapendo che quel benessere e' diventato nel frattempo un malessere generalizzato. Centinaia sono stati trovati morti o agonizzanti dentro container o tir provenienti dall’est o dalla Turchia. La settimana scorsa ho assistito personalmente a uno di questi eventi. Percorrendo l’autostrada che, in Grecia, porta da Igoumenitsa a Ioanina, alla fine di una curva, improvvisamente ci siamo trovati davanti – io e l’amico che stava con me - tre ragazzi, di carnagione scura, che attraversavano di corsa la strada per portarsi sul lato opposto. Ho dovuto frenare bruscamente per non falciarli, inveendo contro questi maledetti zingari che trovi dappertutto. Poi, sul rettilineo, a circa duecento metri, vediamo due camion fermi sul bordo della strada, dal quale erano appena discesi una decina di altri ragazzi (sembravano tutti giovani), che cercavano di raggiungere, anche loro, il lato opposto; uno di questi, che evidentemente stava male, si appoggiava ad altri due compagni che faticosamente lo trascinavano.
In quel momento capimmo tutto. Erano clandestini portati chissa’ da dove (i camion mi sembra fossero turchi) e poi fatti scendere in tutta fretta. Evidentemente non erano stati controllati allo sbarco a Igoumenitsa (altrimenti ci vorrebbero ore per scendere dalla nave), e poi, approfittando dello scarso traffico e mancanza di polizia, si sono fermati per sbarazzarsi dell’ingombrante carico. Fino a sera sono stato male con lo stomaco, per la rabbia che avevo dentro. Non per quei poveri disgraziati, ma per quei farabutti che in quel viaggio avranno guadagnato almeno ventimila euro. Eravamo impotenti a fare qualcosa perche’ il cellulare non ci funzionava, polizia non se ne vedeva e anche se avessimo potuto telefonare non avremmo saputo come esprimerci per farci capire. Avrei tanto voluto che fossero arrestati quei bastardi camionisti che li avevano scaricati. Ok, finisce qui.
Ma se non si sgominano queste organizzazioni criminali che trasportano questi poveracci, sara’ difficile uscirne fuori. Vada per i camion che possono eludere piu’ facilmente la sorveglianza, ma i barconi, le navi o le mezze navi, dovranno partire da qualche porto. E con tutta quella gente a bordo nessuno se ne accorge o si pensa che vadano in gita turistica? Se non si combattono le connivenze, anche a livello istituzionale, nelle regioni di partenza, il problema sara’ sempre piu’ attuale, specialmente adesso con la stagione estiva.
E’ mai possibile che l’Europa, artefice principale di tutte le miserie africane, non voglia trovare una soluzione all’immane problema della sopravvivenza di questo continente? Credo, a mio modesto avviso, che la soluzione del problema sia nel creare sul posto, in Africa, le condizioni perche’ si arresti l’esodo di queste masse. E questo puo’ avvenire costruendo scuole e alfabetizzando le popolazioni, costruendo strade, incrementando l’agricoltura, costruendo ospedali e formando medici, insegnanti, operai qualificati, artigiani, ingegneri che rimangano nelle loro terre a sfruttare a loro volta le immense risorse umane e naturali di questo continente. L’Europa, quasi tutta, ha sfruttato e colonizzato per centinaia di anni questo immenso e ricco territorio, traendone enormi ricchezze e benefici. Dopo averlo spolpato fino all’osso lo ha abbandonato o e’ stata costretta ad abbandonarlo, lasciandolo a suicidarsi nelle lotte fratricide di faide tribali locali o di governi fantocci autoritari e antidemocratici.
L’Europa, oggi, e’ chiamata ad un gesto di solidarieta’ verso l’Africa. E’ una solidarieta’ non fine a se stessa, ma interessata. L’Europa ha tutto da guadagnare in questo progetto di sviluppo, con aiuti concreti e mirati, non concedendo crediti ai vari governi, che quasi sicuramente li spenderebbero in armi, ma inviando aziende, strutture, manager e personale qualificato a operare sul posto, usufruendo di manodopera locale e creando centri di formazione professionale per le popolazioni indigene. Questo e’ il primo passo per frenare l’esodo africano verso l’Europa. Restituiremo, a questo continente, la millesima parte di cio’ di cui e’ stato depredato, ed eviteremo che a breve non sia africanizzata l’Europa. E questo non per razzismo, ma soltanto perche’ ogni individuo di qualsiasi parte del globo, ama e resta attaccato alla terra in cui e’ nato, e se in quella terra ci puo’ vivere degnamente la preferisce a ogni altra.
Si potrebbero scrivere migliaia di pagine e fare centinaia di progetti, ma non sono un politico ne’ un economista, esprimo soltanto il pensiero semplice di qualsiasi uomo comune e di buon senso, ma le pastoie della politica e gli enormi interessi sotterranei rendono difficile, se non impossibile la realizzazione di questo progetto. Speriamo non sia troppo tardi.

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