lunedì 30 novembre 2009

Quel 30 novembre del 2007

Sono passati due anni eppur mi sembra ieri. Quel primo dicembre, da Nettuno, Giuseppe mi ha telefonato su skype ed ero felice di sentirlo, anche per avere notizie della madre, la mia adorata cugina Lilla. Dopo i primi festosi saluti Giuseppe, con voce titubante, fece il primo accenno: “Zio, purtroppo devo darti una brutta notizia…”. In quel momento compresi il motivo della telefonata e cosa mi avrebbe detto. Lui continuava a parlare ma in quel momento i miei pensieri erano altrove, sapevo che prima o poi sarebbe successo ma avevo fiducia nella forte fibra di quel testone che continuava a ripetermi di non andar via perche’ si sarebbe sistemato tutto, come se si potesse dare un colpo di spazzola a dodici anni di vita extraconiugale. “Ieri e’ morto zio Peppino, mi dispiace dovertelo dire, ma e’ giusto che tu lo sappia”. “Si, si… Giuse’, non preoccuparti, grazie, ci sentiamo dopo…” e attaccai mentre un nodo mi stringeva la gola e un pianto dirotto bagnava la tastiera del computer.
Prima o poi sarebbe successo, certo; ma io in cuor mio speravo sempre nel poi. Avevo sempre pensato che avresti festeggiato e oltrepassato il secolo di vita e invece, a un anno e mezzo dalla mia partenza, te ne sei andato anche tu. Mi rimangono di te i ricordi piu’ belli, quando eri vivo, quando hai voluto venire ad abitare per tre mesi a casa mia, i tuoi consigli inascoltati, i tuoi racconti di gioventu’, le registrazioni di quei racconti, e quando – scendendo pian piano le scale di casa – appoggiato al mio braccio, ti portavo al bar e li’ passavi un paio d’ore a giocare a carte con Vincenzo o chiunque altro disposto a sentire le tue risate quando vincevi. Quegli ultimi tre mesi sono valsi per me piu’ dei tanti anni passati insieme nella nostra casa di Primavalle.
Mi rimane, soprattutto, il rimorso per esser partito. Non ti ho lasciato solo, perche’ vicini ti sono sempre stati anche mio fratello e i nipoti, oltre che la nuora. Ma la comunione che c’era tra noi era tutt’altra cosa. Senza voler sminuire l’amore che tu e mamma avevate per Salvino, tuttavia io sapevo, perche’ lo sentivo dentro, di essere al primo posto nel vostro cuore come voi lo eravate nel mio.
Ho il rimpianto di non esserti stato vicino negli ultimi giorni e istanti della tua vita terrena, non essere presente al tuo funerale, di averti indotto – con la mia partenza – a non prendere piu’ quelle medicine che ti sarebbero state utili per continuare a vivere. Gia’, vivere! Perche’ e per chi? Pensavi che il mio fosse solo un capriccio, invece dovevo partire, dovevo allontanarmi da una situazione ormai divenuta insopportabile. Ma non potevo dirtelo perche’ ti avrebbe arrecato ancora piu’ dolore. Ormai tu avevi solo voglia di raggiungere al piu’ presto mamma.
Riesce a consolarmi il pensiero che, nei giardini celesti, sei adesso accanto a lei, la donna che hai amato per 67 anni. Da lassu’, se potete, cercate di proteggermi per qualche anno ancora: devo sistemare tante cose, non per me, ma per la persona che amo e che mi ama.
Tre mesi fa, per la prima volta dalla sua morte, ho sognato mamma che mi abbracciava dicendomi: “Stai tranquillo, Totone’, andra’ tutto bene”. Adesso aspetto che anche tu mi porti una parola di conforto. Dopo, so che verra’ il mio turno e vedrete che il tressette in tre si gioca meglio.

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