mercoledì 28 luglio 2010

Emigranti italiani del terzo millennio

Anche se lontana, ho ancora nitidi i ricordi della mia infanzia. Ho visto i natali a Burgio, un paesino della Sicilia sud-occidentale. Nel primo dopoguerra, gli anni che vanno dal '48 al '50 - mentre la povertà si era impadronita dell'Italia - in Sicilia, purtroppo, l'atavica miseria e il banditismo regnavano incontrastati. L'età non mi faceva percepire neanche il dramma di una guerra appena persa e la mancanza di tutto, perché i bambini vivono ovunque, nel benessere o nella sofferenza, la dimensione del loro piccolo mondo. Ricordo però che esisteva, in paese, una specie di ufficio emigrazione, dove persone più colte e addentrate in questi affari, persone di “rispetto”, provvedevano a regolarizzare le posizioni di tantissima gente che cercava un pezzo di pane, anche duro, fuori dai nostri confini.


La prima mèta erano gli Stati Uniti, per i quali bisognava avere un “atto di richiamo” da parenti o amici che già vi risiedevano, seguivano poi il Canada, l'Argentina, il Venezuela, l'Uruguay. L'emigrazione europea sarebbe venuta dopo. In questo modo sono partiti per il nuovo mondo tanti paesani e anche alcuni miei parenti che vivono tuttora in Canada e negli States. Sono emigrato anch'io perché, per poter studiare, sono stato mandato in collegio a Catania, con pseudo-vocazione da prete.
Questo piccolo preambolo, per ricordare vicende che sembravano appartenere a un passato di emigrazione che oggi non dovrebbe più riguardarci. Anzi, per talune situazioni insostenibili, siamo talora costretti a combattere i flussi migratori clandestini verso la nostra penisola. Oggi la globalizzazione ci porta nei più sperduti angoli della terra, a motivo di un'altra migrazione: quella delle merci, dell'industria, del turismo, della scienza, degli interscambi culturali, del commercio.
Quattro anni di residenza in Bulgaria, la conoscenza di altri connazionali e qualche approfondimento personale, mi danno oggi – in un ambito puramente personale e circoscritto – un quadro sintetico del profilo degli italiani che, per i più svariati motivi, risiedono oggi all'estero. L'anagrafe consolare del Ministero degli Affari Esteri, a fine 2007, dava in circa 4 milioni gli italiani residenti all'estero, suddivisi per il 55% in Europa, 40% nelle Americhe e il restante 5% altrove. Ho scritto alla nostra ambasciata a Sofia, per avere un quadro numerico dei connazionali residenti in Bulgaria, ma a tutt'oggi non mi è stata data risposta. Se arriverà integrerò la notizia. In un post di due anni or sono facevo le mie geremiadi per la condizione in cui ero venuto a trovarmi, superata oggi da una realtà quotidiana fatta di tranquillità mentale e fisica. Vorrei soffermarmi adesso ad analizzare questi profili.

  1. Industriali, che si dividono in tre categorie: a) grandi società che operano in tutto il mondo, fatta da entità senza volto; b) imprenditori operanti sia in Italia che all'estero che delegano la loro presenza ai funzionari con qualche sporadica visita in loco; c) imprenditori che trasferiscono o creano sul posto l'azienda e la dirigono personalmente; b) e c) hanno interessi in Bulgaria, così come in altre parti del mondo, perché abbattono i costi utilizzando manodopera, strutture o prodotti locali per esportarli poi in Italia e nel mondo a prezzi ancora competitivi.
  1. Commercianti. Questa schiera si divide in due categorie: a) grosse aziende che esportano e distribuiscono qui i loro prodotti, promuovendoli anche con l'acquisizione di quote in aziende locali e impiegando personale misto italo-bulgaro; b) aziende costituite in Bulgaria da piccoli e medi commercianti, che operano nei più svariati settori dell'import-export: agro-alimentare, bestiame, confetture, funghi, lumache, vino, formaggi, paste, salse, ecc.; edilizia, manifattura, moda, ricambi e auto usate; tra questi commercianti prolifera anche, con alterne vicende, la ristorazione. Pur essendo la cucina il nostro fiore all'occhiello nel mondo, in Bulgaria bisognerà ancora soffrire per avere un riscontro economico positivo. Nelle grandi città e al mare, il problema è attutito perché girano turisti danaro e danarosi, ma nel resto del Paese mangiare italiano vuol dire mangiar bene ma spendere di più, e le tasche bulgare non reggono la botta.

  2. Uomini. Tanti comunissimi uomini, come me, che io chiamo “umanità varia”. Mentre per gli industriali e i commercianti, ho descritto in sintesi il perché della loro presenza in Bulgaria, per quest'ultima categoria “uomini”, tutto diventa più difficile. Per poter analizzare le motivazioni di ognuno di questi uomini, bisogna entrare nel loro io, nella loro anima, nei più reconditi angoli del loro cervello, della loro vita e della loro storia.
    Ognuno di loro, ognuno di noi, ha storie diverse, storie che – raccontate – potrebbero diventare un'antologia di vite vissute, ma che tutte, o quasi, riportano a una matrice comune: una donna che ha cambiato la loro vita. Nel profilo del mio blog ho scritto: “ 'Né con te né senza te io posso vivere, con te perché mi uccidi, senza te perché muoio' (antico pensiero d'amore dedicato alla donna che nel bene e nel male, inconsapevolmente, ha stravolto la mia vita)”. Questo pensiero è comune a tanti uomini che, qui in Bulgaria o in qualsiasi altra parte del mondo, cercano di rinascere, ricominciare una vita che, per i motivi più diversi, un giorno ha avuto una battuta d'arresto. Molti di loro, di noi, pensionati che vorrebbero trovare quella serenità che in Italia, per motivi economici ed affettivi, è ormai impossibile trovare. 
    E così aumentano i pensionati che scelgono un Paese ancora vivibile, con al seguito una donna sposata o da sposare o da trovare sul posto, mentre gli uomini in età lavorativa si inseriscono, sempre con una compagna, nelle più svariate attività commerciali. E' un'emigrazione diversa da quella degli anni '50, non esistono più le valigie di cartone legate da uno spago, né i viveri al seguito composti da pagnotte di pane, olive e formaggio, che accompagnavano il viaggio nelle terze classi di treni o piroscafi, che ci scaricavano in terre sconosciute dopo averci disinfettato. Oggi si parte in macchina o in aereo, si sa dove si va, si trova subito un alloggio confortevole e, generalmente, abbiamo anche una carta di credito che copre le spese del nuovo soggiorno. Prima era un esodo forzato, oggi è una fuga calcolata e volontaria...
Questo post non ha la pretesa di essere uno studio o una statistica, è soltanto il frutto delle mie personalissime considerazioni, dopo quattro anni di vita bulgara abbastanza tranquilla, pur nell'agitato mare della vita. Molte persone mi scrivono per chiedere informazioni sulla Bulgaria ed avere consigli pratici per un possibile trasferimento qui. Mi sono calato, anche per carattere, nel personaggio del “consigliori”, e cerco di dare a ognuno di loro le risposte inerenti ai loro quesiti. Decideranno loro, poi, cosa fare. Chi si dovesse trovare nelle stesse condizioni è pregato di preparare le valigie (la pubblicità consiglia Roncato1)... più siamo e meglio stiamo, perché in terra d'esilio, se pur fossimo guelfi e ghibellini, ci sentiamo prima di tutto italiani!

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