sabato 17 dicembre 2011

Sogno di una notte di metà autunno

Racconto di un sogno divenuto incubo
L'aereo stava già rollando sulla pista mentre il Presidente e il codazzo istituzionale che lo segue ovunque salivano rapidamente la scaletta per far ritorno nella capitale. Il Presidente, volto un po' scuro, si tolse il cappotto e si sedette allacciando le cinture. Davanti un tavolo scrivania mentre di fronte il ministro Tremonti, ancora in piedi, vi poggiava una grossa borsa apprestandosi a sedere anche lui. Cinque minuti e l'aereo era già in volo per Roma.
“Che ne dici, ce l'abbiamo fatta? Se ti fossi spremuto ancora un po', caro Giulio, potevamo dormire sonni tranquilli”.
“Penso che abbiamo fatto tutto il possibile. Per stare tranquilli con l'Europa avremmo dovuto scarnificare gli italiani fino all'osso e tu sai, caro Presidente, che alle prossime elezioni te l'avrebbero fatta pagare. E poi con la Lega come la metti? Lo sai che con le pensioni abbiamo la porta sbarrata”.
“Avremmo potuto istituire questa maledetta patrimoniale, ma avrei scontentato tanti elettori senza ottenere risultati. Avrei dato soddisfazione a quel comunistaccio trasformista e ancor di più a quell'analfabeta con la laurea comprata”.
“Bersani e Di Pietro? Quelli saranno soddisfatti solo se ti dimetti, caro Silvio. L'unico che potrebbe esserti vicino, sempre dopo le dimissioni, è Ferdy. Lo sai che in cuor suo ti vuol bene e ti ammira, però – diciamo così – quello che ha combinato i veri casini sei stato tu. Comunque, tornando alla manovra, mi sembra sia stata accolta bene, anche se la culona – come tu la chiami – mi ha accennato che sarebbe stato meglio essere più incisivi”.
“L'ha detto a te mentre a me faceva dei gran sorrisi di assenso? Non dirmi che hai parlato anche con Napoleone; quel bastardo ungarico non l'ho neanche salutato, e comunque lui non sta meglio di noi con la sua grandeur; se quel sorriso beffardo che ha fatto alla Merkel l'avesse fatto qualche mese fa, i suoi bombardieri per la Libia sarebbero partiti dalla Francia”.

Qui ci vuole Benaltro...
A Bruxelles, mentre gli altri 24 capi di governo si affrettano per ritornare nelle rispettive nazioni, i Merkozì temporeggiano, in disparte, passeggiando lentamente.
“Niko, che ne pensi del piano di rientro italiano?” domanda la Merkel.
“Cara Angelà, questi vanno tanto fieri del made in Italy, ma questo piano è una bufala, lo trovo troppo elusivo. E' solo una lettera di intenti in risposta al nostro ultimatum. Le solite promesse. Per Barroso va tutto bene, ma a me Bunga-bunga non mi convince, qui ci vuole Benaltro per non far fallire l'Italia, che trascinerebbe anche noi nel default generale dell'euro, altro che Grecia. Io ho già i miei problemi a casa mia, non vorrei che il nostro amico ci trascinasse a fondo”.
“Anch'io devo affrontare i miei cani in Parlamento e mi stanno già facendo a pezzi, hai visto le elezioni amministrative, no? Se continua così divento minoranza. Vogliamo telefonare al Vecchio?”.
“Cosa vuoi che ci dica?”.
“Non ci deve dire niente, caro Niko, deve fare. In Italia oggi è l'unico affidabile, gira tra la gente ed è sempre applaudito per le sue parole sagge, ma ti ricordi da dove viene? Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Nella loro dottrina le elezioni sono un optional e penso che non veda l'ora di disfarsi del fighetto. Perché domani non provi a fargli una telefonata? Il tedesco è lingua dura mentre la tua è più dolce e suadente. Vedrai che con lui potremmo sistemare tutto”.

Sempre caro mi fu quest'ermo Colle...
“Signor Presidente, il Presidente Sarkozy al telefono”.
“Bonjour, monsieur Sarkozy”.
“Bonjour, monsieur George”.
“Il nostro amico Silvio ha fatto qualche marachella ieri o ha raccontato barzellette sporche?”.
“No, no monsieur George, si tratta di Benaltro”.
“Benaltro?”.
“Oui, monsieur George, ieri Berlusconì, insieme a Tremonti, ha presentato il piano di riforme per il rientro del debito. Con Angelà abbiamo esaminato attentamente il documento e abbiamo convenuto che è insufficiente a chiudere la voragine creata in quaranta anni. Voi avete bisogno di Benaltro, monsieur George, per sistemare i conti dell'Italia. Moi et Angelà confidiamo in lei, che ne ha facoltà e possibilità, per trovare una soluzione alternativa alla crisi politica italiana”.
“Ma io, veramente, non ho, come Lei, questi poteri. Noi non abbiamo una repubblica presidenziale come in Francia”.
“Ahahah... Lei è molto modesto, monsieur George, noi sappiamo che se vuole può fare tutto, ha anche molti estimatori in Parlamento e vecchi amici di merende che potranno aiutarLa. Moi et Angelà confidiamo in Lei. A presto, monsieur George”.

Benaltro, chi era costui?
“Benaltro... Benaltro... Io non lo conosco... o forse l'età mi fa brutti scherzi. Pronto Pierluigi? Scusami, non ti sento bene... ah, stai alla manifestazione? bene, bene... senti un po', conosci per caso un certo Benaltro? … No, il nome non lo so... Ma è la solita manifestazione per le dimissioni di Berlusconi?... bene, bene... c'è anche Fini? … digli di non esagerare, non posso stare zitto in eterno... Sì, Benaltro... me lo ha suggerito il collega francese. Insieme alla Merkel si stanno intromettendo nei nostri affari interni, e questo mi scoccia un po'... non posso risponder male... non vorrei si offendessero... vedrebbero bene al governo questo Benaltro, ma tu lo conosci? Senti tra gli amici, non vorrei passare dalla padella alla brace”.

“Giorgio, sono Pigi, posso assicurarti che questo Benaltro non lo conosce nessuno, ho chiesto anche alla Bindi e a Franceschini, tante volte, sai... di quelli non c'è mai da fidarsi, vengono dalla DC... Un amico ne ha parlato in privato anche a Casini: niente. Ma poi senti un po' Giorgio, perché dobbiamo farci imporre 'sto Benaltro da questi due ducetti? Stanno comandando tutta l'Europa con la bacchetta. Si salva solo la vecchia Elisabetta. Noi avevamo deciso di mettere Monti al posto del Berlusca, e tu eri d'accordo, ricordi? E allora facciamo vedere ai galletti teutonici che siamo ancora un popolo sovrano. Noi ti spianiamo la strada in Parlamento e tu nel frattempo avvisi Monti. Ti assicuro che in quindici giorni, tra Camusso black blok indignati e disperati e qualche deputato ricomprato, ci togliamo dalle palle il cavaliere e pure questo Benaltro, senza bisogno di andare alle elezioni. Ritorniamo al timone senza neanche un morto”.

12 novembre 2011: Silvio Berlusconi rimette il suo mandato nelle mani del Capo dello Stato.
16 novembre 2011: Il Capo dello Stato nomina Mario Monti Presidente del Consiglio al posto del dimissionario Silvio Berlusconi.

Tiè, Sarkò!... alla faccia di Benaltro!


mercoledì 14 dicembre 2011

Escursione a Borovets, la Roccaraso della Bulgaria


Venerdì trovo, finalmente, il tempo di andare a trovare Paolo, l'amico marchigiano che dirige una fabbrica di sandali a Vinogradets, cittadina a 22 km da Pazardjik. Superata Boshulya, svoltando per Karabunar, chiunque si trovi a percorrere quelle strade, vi trova ai margini chioschi e banchetti improvvisati che vendono soprattutto vino ma anche rakia e prodotti ortofrutticoli: è questa, infatti zona di grandi vigneti, produttrice di buoni vini.
La fabbrica produce e assembla sandali che, partendo direttamente da Vinogradets, arrivano in tre continenti. E' italiana, naturalmente, ed è una delle tante che hanno “delocalizzato”, trovando manodopera e tasse molto più convenienti che in Italia, fornendo sempre ottima qualità.
(Tra parentesi, dopo aver fatto il pieno, alla Metro di Plovdiv, di panettoni italiani da regalare, proprio oggi ho avuto occasione di mangiare il primo panettone made in Bulgaria, 750 gr. a 6,49 leva al supermercato Kaufland. Non so se è prodotto da una ditta italiana ma la qualità e gli ingredienti sono certamente italiani: veramente buono a ottimo prezzo).
Paolo è una persona dinamica che, finito il lavoro, odia restare a casa a oziare. Vorrebbe andare a caccia o a sciare. Mentre per la caccia ottenere i permessi è parecchio complicato, per sciare tutto è più facile. Decidiamo quindi di fare una escursione in montagna, io e Renata ciceroni e interpreti data la nostra anzianità in terra bulgara, e lui allievo guidatore.
Sabato alle dieci del mattino, a bordo della sua potente Cherokee Laredo, partiamo alla volta di Borovets dove so che è nevicato nei giorni scorsi. Ci sarebbe anche Bansko, ma non so se c'è neve. Borovets si trova a 70 km da Pazardjik. Su una strada pianeggiante e assolata di un 10 dicembre primaverile, superata Belovo e i suoi tanti negozi zeppi di carta igienica e da cucina, fabbricata dalla locale cartiera, arriviamo a Kostenets dove ci fermiamo per sorbire un caffè. Dopo un rapido giro per locali pieni, rinunciamo entrando in un supermercato a comprare qualche snack e ripartiamo. Qui il paesaggio cambia perché siamo ai piedi delle montagne già innevate che svettano alla nostra sinistra. Gradualmente si inizia a salire su una strada che si inerpica sempre più con chiazze nevose sparse ai bordi e nei boschi circostanti. La jeep ci permette di superare rapidamente altre macchine che arrancano un po' e presto ci troviamo all'ingresso di Borovets.



Paolo è entusiasta: “Bel posto, veramente bello, sembra di stare a Cortina”. “Cala, bello, Cortina è tutt'altra cosa...”. “No, vabbè, non è Cortina ma è veramente una bella stazione invernale... diciamo che sembra di stare a Roccaraso”. “Beh, così già va meglio... però andiamo su verso il centro, lì è veramente bello”.
Arriviamo in centro circondati dalla neve e da tantissimi turisti come noi. Memore della visita già fatta tre anni fa, propongo di fare un'escursione in cabinovia. Proposta subito accettata e dopo dieci minuti abbiamo già fatto i biglietti che ci portano a quota 2369 m. Essere sballottati nel vuoto in una cabina che arranca su una pendenza paurosa non lascia troppo tranquilli, ma ci affidiamo alle statistiche che rincuorano. Man mano che si sale l'aria è sempre più fredda, ma quando dopo circa mezz'ora finalmente arriviamo, ci accoglie un meraviglioso sole da abbronzatura. Paesaggio, panorama e piste ci fanno dimenticare presto il periglioso viaggio appena compiuto. Più in alto a 2925 c'è Musala che oggi non ci interessa, mentre noi da Yastrebets restiamo suggestionati dal vastissimo panorama che si apre sotto e intorno ai nostri occhi.
Paolo ha già deciso: dopo le feste Borovets sarà la sua mèta fissa per i fine settimana, le piste bianche sono tantissime e ce n'è anche una nera. Ribatto che ci sarebbe da visitare anche Bansko, una località forse ancora più famosa. Io e Renata ci limitiamo a un sorriso: noi siamo solo occasionali montanari estivi portati più alle comodità che alle scarpinate.


Scendiamo a valle per il pranzo, attraversiamo due lunghe file di negozi che vendono di tutto, hotel attrezzati con piscina, sauna, fitness, centro benessere, riceviamo inviti al ristorante che gentilmente rifiutiamo. Poi si apre una grandissima area, di fronte e a sinistra grandi alberghi mentre sulla destra, dall'alto della montagna, una pista innevata conduce quasi dentro ai ristoranti. Due tranquilli operai appesi al muro di un grande albergo, intenti a pitturare, ci tengono in continua apprensione.
Il nostro locale, nel quale avevamo mangiato anni fa, ci delude. Evidentemente ha cambiato gestione. Qui i prezzi, naturalmente, hanno un'impennata rispetto ai locali di Pazardjik, ma per noi italiani sempre abbordabili. Finito il pranzo ci accingiamo al ritorno prima che buio e ghiaccio ci complichino il percorso. Un chiosco ai bordi della strada attira la nostra meravigliata attenzione: vende caldarroste e mais. Sette bellissimi marroni, rigorosamente pesati, due leva. Beh, qui almeno non è andata male...


Lo sapevate che la Bulgaria, secondo una notizia Adnkronos di ieri 13 dicembre, guida la lista, in Europa, delle destinazioni più accessibili e meno costose per gli sciatori? 


venerdì 9 dicembre 2011

Studenti italiani a Pazardjik


Gioventù italiana a Pazardjik, cosa un po' rara da queste parti, dove i connazionali che si incontrano o sono pensionati o imprenditori che hanno aperto qui un'attività. Quando Zani, l'amico proprietario del Caffè Dolce Vita, mi telefona dicendomi che ci sono dei ragazzi italiani che vogliono conoscermi, anche perché hanno letto il mio blog, sono sorpreso e piacevolmente stupito. Ci vediamo nel suo Caffè alle diciotto della stessa sera. Mi fa compagnia Maurizio, l'amico gelataio, ma sarebbe stato meglio fosse venuto Alessio, il più vicino alla loro età, con il quale, però, hanno fatto in seguito conoscenza e passato insieme una serata.
Sono cinque perché una loro amica non si sente molto bene ed è rimasta all'ostello, tutti diciottenni. Cosa fate, da dove venite, come mai a Pazardjik, quanto tempo vi fermate? Sono le prime domande che vengono spontanee. E' un coro di risposte che si accavallano a domande che a loro volta fanno a noi. Contentissimi tutti di stare a Pazardjik, dove avrebbero voglia di abitare perché la trovano una bella città, tranquilla, pulita, peccato che l'alfabeto cirillico e la lingua bulgara siano proprio difficili a comprendersi. Comunicano in inglese con i docenti.

Pasquale Maddaloni e Simone Zaccardelli i ragazzi, Valeria Carocci, Miriana Ceci, Sabrina De Palma, Megi Veseli le ragazze. Frequentano tutti l'Istituto Statale d'Arte “A. Valente” di Sora, in provincia di Frosinone, e hanno vinto una borsa di studio che li ha portati a Pazardjik. Si intensificano, in tutti i campi, i rapporti di amicizia italo-bulgari. Sono arrivati il 4 novembre e torneranno in Italia l'11 dicembre. Sono stati alloggiati presso il Centro Bulgaro-Tedesco e dal lunedì al venerdì studiano e approfondiscono le loro materie. Miriana, Pasquale e Megi lavorano presso il teatro Konstantin Velichkov, Valeria presso uno studio di grafica pubblicitaria, Sabrina presso la sartoria Nina Maria e Simone approfondisce gli studi presso lo scultore Spas Kirichev.

E il sabato e la domenica? E' normale che tutti i ragazzi cerchino posti dove potersi divertire, e così chiedono se ci sono discoteche e simili. Hanno avuto anche il tempo per visitare Plovdiv e Sofia che hanno apprezzato molto. Tra poco partiranno portando con loro i frutti della bella esperienza bulgara, certamente positiva, a sentirli. Per tutti parla Simone: “La città è semplice e carina, ci piace molto, la gente è abbastanza cordiale, anche se non conosciamo la lingua farci capire è stato facile. Oltre a te abbiamo conosciuto numerose persone che parlavano italiano e questa esperienza è stata molto utile per noi, sia istruttiva che divertente. Sfortunatamente le quattro settimane sono quasi terminate ma porteremo questa esperienza sempre con noi”.
Ciao, ragazzi, è stato bello conoscervi. Buon ritorno a casa e l'augurio che questa sia stata una tappa positiva nel vostro lungo cammino della vita.

domenica 4 dicembre 2011

Un amico se ne è andato


Velo Davchov Dascev, per noi Zio Velo, è stata la prima persona conosciuta appena arrivati in Bulgaria. Papà di Stoyan, l'amico con il quale siamo arrivati a Mokrishte, un piccolo villaggio a ridosso di Pazardjik, siamo stati per i primi due mesi ospiti in casa sua. L'ho chiamato subito Zio Velo e così è rimasto fino adesso. I problemi di salute, per i quali era costretto spesso ad un ricovero benefico, me lo avevano fatto credere più anziano, invece era di cinque anni più giovane di me.

Piccolo grande uomo, Zio Velo, umile ma tenace, povero ma generoso, sofferente eppur sempre con il sorriso sulla bocca, sornione e ironico in ogni sua battuta che ci metteva sempre di buon umore. Con lui il tempo trascorreva veloce, sapendo di stare accanto a un amico sincero, disposto sempre a donarsi in cambio di nulla.

Ieri se ne è andato, sottovoce, quasi a non voler disturbare chi gli stava accanto. Le angosce familiari, probabilmente, sono state più forti dei problemi cardiaci. Se fossimo stati presenti, forse - con l'ultimo sorriso - ci avrebbe sussurrato che "dumanu" (il nostro "domani" pronunciato da lui) non ci saremmo più rivisti.

Addio, caro Zio Velo, con te se ne va un amico vero che resterà per sempre nei nostri cuori.

venerdì 2 dicembre 2011

No. Di sanità bulgara si può anche morire...

E' il seguito del titolo dato al mio post del 18 agosto 2011, nel quale esprimevo tanta speranza e qualche dubbio sulla sanità bulgara, riferito in particolar modo alla burocrazia.
Un mio carissimo amico era solito dire che chi lavora è soggetto a sbagliare, per non sbagliare mai basta non lavorare. E' vero. Il problema non sta tanto nell'errore, quanto agli effetti che ne conseguono. Se il cassiere sbaglia a battere uno scontrino basta correggerlo, se un chirurgo amputa la gamba destra invece della sinistra, allora sono uccelli amari.
Purtroppo, nel campo sanitario, gli errori possono portare anche alla morte o ad handicap gravi e irreversibili. Basta leggere i giornali o sentire i telegiornali per accorgersi con quanta leggerezza, molte volte, è considerata la vita umana. I nostri ospedali del sud, oltre ad avere delle eccellenze nel campo sanitario, detengono spesso il triste primato di malasanità dovuta soprattutto a negligenza e disattenzione. La Bulgaria, pur essendo una piccola nazione, non è inferiore all'Italia per numero di casi di malasanità. Non più tardi di un mese fa ho letto della morte di due puerpere nello stesso ospedale; è stata aperta un'inchiesta e quasi certamente le morti sono sopravvenute a causa di negligenze degli operatori. E a queste negligenze non c'è rimedio visto che abbiamo una sola vita.
Nei miei articoli riguardanti la sanità in Bulgaria, ho sempre espresso, finora, totale fiducia e stima nei medici che mi stanno curando, e continuo ad averne. Ciò nonostante, anch'io sono stato vittima di un errore, dal quale sono uscito indenne per puro caso. Ma questo è dovuto non ad incapacità ma a grave disattenzione o negligenza. Racconto l'accaduto per evitare, con l'attenzione e la conoscenza anche di noi pazienti, che queste cose possano ripetersi.
Finito il mio primo ciclo di sei sedute di chemioterapia locale alla vescica, dopo tre mesi di riposo mi presento all'istituto oncologico per l'inizio del secondo. Alla seconda base del reparto dell'ospedale universitario S. Giorgio ripetono esattamente le dosi del primo ciclo, e cioè: mi danno le fiale necessarie a quattro sedute, e subito dopo dovrò fare richiesta per le altre due. In tutto sei dosi. Faccio le prime tre applicazioni e alla quarta, l'infermiera che settimanalmente si cura di me, una signora attempata, molto gentile e professionalmente preparata, mentre mi inietta la medicina domanda – per puro caso – se fosse l'ultima delle tre. Renata, la mia compagna, risponde che no, quella era la quarta e che la settimana successiva dovremo andare a ritirare le ulteriori altre due. Sorpresa, rabbia e qualche imprecazione da parte dell'infermiera. Alla seconda base hanno sbagliato a darci le dosi, perché il secondo ciclo prevede tre applicazioni e poi tre mesi di riposo, mentre il terzo ciclo continuerà con altre tre applicazioni e sei mesi di riposo. L'infermiera ne ha una perfetta conoscenza, essendo giornalmente a contatto con decine di pazienti soggetti alle sue cure. Ne parla con il medico e questi annuisce alle rimostranze dell'operatrice: hanno fatto un grosso errore e non è la prima volta.
Ormai la frittata è fatta e un'applicazione in più è sopportabile, ma resta comunque il fatto. Se l'infermiera non avesse fatto quella domanda o fosse stata assente per qualsiasi motivo, l'errore avrebbe potuto causarmi, forse, conseguenze più gravi. Penso che chi ha sbagliato sia stato già avvisato, ma mi riprometto di conoscere capillarmente, d'ora in poi, l'intero programma terapeutico.
Oggi 2 dicembre, con un'amica bulgara che conosce la lingua italiana (me ne scuso con gli amici bulgari, ma la vostra lingua per me è molto difficile), mi reco alla seconda base, dove mi avevano dato le fiale e molto educatamente e con la massima calma facciamo presente a un'infermiera l'increscioso errore in cui erano incorsi. Questa ci manda in un altro ufficio a ritirare la nostra cartella clinica e glie la portiamo perché sia controllata dal medico di turno. Ci fanno aspettare una buona ora tergiversando che il medico aveva parecchie visite da fare. Alla fine ci dicono che dobbiamo andare dall'urologo della prima base e far presente a lui il nostro problema. Sapendo benissimo che ci stavano prendendo in giro, perché erano loro che avevano sbagliato, perdo la pazienza e inizio ad alzare la voce in modo molto alterato. In un battibaleno siamo ricevuti, con estrema cortesia, dal medico tanto indaffarato. Non sapendo dove aggrapparsi, ci dice che è l'urologo il responsabile delle dosi. Quando gli faccio presente che voglio il programma preciso del mio percorso terapeutico, ci mostra il foglio del programma che dice di aver ricevuto solo il giorno prima. L'infermiera ci fa una fotocopia, noi facciamo finta di credere alla panzana che ci ha appena detto il medico, prendiamo appuntamento per il prossimo ciclo, e tra tanti saluti e sorrisi ci accomiatiamo.
Mentre saliamo in macchina per andar via, alzando gli occhi, vediamo il medico tanto indaffarato, tranquillamente fuori dal balcone del primo piano a fumare una sigaretta in compagnia di una giovane infermiera. Vogliamo chiamarla sanità? Ma sì, anche questa è sanità, alla bulgara...
Avevo e continuo ad avere fiducia nei medici e nel personale sanitario, ma sarà molto meglio mettere in pratica il vecchio proverbio: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E soprattutto non aver paura di alzar la voce quando si sa di avere ragione.