sabato 25 febbraio 2017

Vogliamo chiamarla ancora pensione?



Non finiamo mai di stupirci. Certe cose è giusto che vengano a conoscenza anche degli altri pensionati. Il cedolino fotografato è la comunicazione mensile della pensione, per il mese di marzo, liquidata a un pensionato nostro iscritto.


La somma rimanente di pensione, su un lordo di 1.476,45 euro è di 73,57 euro.

Io penso, anzi sono sicuro perché non potrebbe essere altrimenti, che questi calcoli all'Inps vengano fatti automaticamente e che nessuno, alla fine, ne controlli i risultati o i contenuti, altrimenti non si spiegherebbero le famose cartelle pazze delle quali sentiamo parlare spesso.

I computer non hanno un cuore né un'anima, per cui anche le peggiori boiate che riescono a tirar fuori dal loro cervello elettronico, non possono esser loro contestate o addebitate. Ma noi pensionati, invece, un'anima e un cuore li abbiamo, e quando riceviamo questa comunicazione, che è esecutiva, il cuore inizia a battere forte, poi segue la famosa sudarella, cominciamo a sentire caldo anche se stiamo sotto zero, e rischiamo un infarto pensando a quello che sarà per noi il mese che verrà con 73 euro di pensione.

Qualcuno potrebbe obiettare che probabilmente il pensionato in questione, avrà anche qualacosa da parte, per far fronte alle “varie ed eventuali” che la vita ci riserva. Questo potrebbe anche essere, ma è molto più probabile che invece non sia, visto che non è una pensione da 90.000 euro al mese come quella del sig. Mauro Sentinelli. Niente contro il Sentinelli, naturalmente… era solo un esempio per dire che da 1.476 euro se ne togli mensilmente per balzelli vari 279, ne restano 1.197. E con questa somma credo non ci sia neanche la possibilità di mettere da parte gli spiccioli nel famoso “dindarolo” romano, che equivale al salvadanaio.

Ai miei tempi, direbbe qualcuno, anzi io per primo che comincio già a essere antico… ai miei tempi, ripeto, quando non c'era il cervello elettronico tuttofare, ma bisognava saper far di conto e a mano, la pensione veniva conteggiata da un ragioniere dell'Inps, fatto di carne ossa anima e cuore, e se avesse dovuto dare un totale di 73 euro su 1476 al pensionato, si sarebbe vergognato profondamente di stilare quel cedolino e avrebbe, suppongo, pensato di rateizzare quel debito al pensionato avvisandolo prima.

Perché qui non vogliamo contestare il “Debito Irpef da piat. fiscale” di 1.123 euro, che non comprendiamo e non sappiamo cosa sia, ma diamo per scontato che sia sacrosantamente dovuto. Vogliamo gridare soltanto la mancanza di sensibilità e i problemi che si addossano a un povero cristo soltanto perché quella tassa bisogna pagarla in una unica soluzione, quando c'è gente che non solo le paga ratealmente, ma ce n'è tantissima altra che non le paga affatto.

Così vanno le cose oggi, ma ci sarà speranza di poterle un giorno cambiare? Stiamo diventando tutti ebrei, anche noi aspettiamo il Messia che non arrivaa, e intanto passiamo la mano.

mercoledì 22 febbraio 2017

Esistenza in vita, spada di Damocle sulla testa dei pensionati residenti all'estero

Ci risiamo. Su questo blog sto collezionando post sul problema dei pensionati residenti all’estero cui non arriva il certificato di esistenza in vita. Per residenti all’estero mi riferisco, in particolare, a coloro che risiedono soprattutto in Bulgaria. Non credo che con questo articolo si risolva il problema, bisogna però continuare a parlarne perché molte volte anche una goccia d’acqua riesce a bucare una pietra.

Soluzioni ce ne potrebbero essere, e diverse, tutte migliori di quella adottata in Bulgaria e credo anche in tante altre nazioni. Il problema però, in Bulgaria, è che non c’è una buona distribuzione della posta, essendo molto difficile per un postino trovare le cassette postali nei palazzi, così che si possono trovare le lettere appoggiate su un gradino della scala oppure su un vaso di fiori fuori dal portone. La colpa di queste disfunzioni non possiamo addossarla a Citi che le spedisce, ma certamente, con un po’ di buona volontà, anche per la Bulgaria si può trovare una soluzione che impedisca a un povero pensionato di vivere sempre con la paura che a ogni inizio mese non gli venga accreditata la pensione. 

Se l’assegno non arriva inizia il vero dramma, perché prima che venga ripristinato il pagamento possono passare anche 4-5 mesi. Dico questo a ragion veduta, essendo cose già accadute. E siccome in questo periodo già tanti stanno subendo questa condizione, lascio immaginare al lettore il dramma che viviamo. Se poi succede ai pensionati bulgari, la disperazione è ancora più nera, perché si tratta di pensioni che vanno dai 50 ai 150 euro, che per il pensionato bulgaro sono vitali per la sopravvivenza.

Ce ne siamo lamentati presso l’Ambasciata e abbiamo ottenuto che quando si verificano i casi suddetti è l’Ambasciata stessa a spedire il certificato validato a Citi. Non valutando però un piccolo particolare, e cioè che il problema non sta nell’invio del certificato a Citi ma del non arrivo dello stesso al pensionato.

Si troverà una scappatoia? Continueremo a premere presso il consolato per trovare una via d’uscita, ma non nutriamo molte speranze, perché il consolato può fare solo da tramite per riportare in Italia le nostre lamentele. Il pensionato che vive in Italia è già tartassato in patria, figuriamoci poi se è residente all’estero. Per lo Stato italiano siamo solo un peso che potrà alleggerirsi solo quando saremo ricoperti da due metri di terra. Ecco perché teniamo sempre le mani tra le gambe per toccare quel poco ferro rimasto.

lunedì 20 febbraio 2017

SI SONO DIVISE TRA LORO LE MIE VESTI


Il lamento di una Nazione morente

“Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così” (Giovanni 19, 17-24).

Sono le parole che, nel Vangelo di Giovanni, Gesù Cristo pronuncia dalla croce. Non vorrei apparire blasfemo, ma penso che queste siano l'esempio più calzante per descrivere quello che accade oggi in Italia. Cambia la vittima, che non è più Gesù Cristo ma il popolo italiano, ma non cambiano i carnefici, gli aguzzini, i dominatori, i conquistatori che sono i discendenti dei soldati romani, perché proprio da Roma e dai suoi palazzi continuano a partire gli strali per abbattere un popolo portato per natura alla sopportazione e alla pazienza.

I più deboli, non sopportando la perdita della loro dignità, hanno preferito affidarsi a una corda o a una pallottola, altri chinano testa e orgoglio e continuano a sopportare, altri ancora volgono lo sguardo oltre i confini per cercare quella fortuna o meglio ancora serenità e decoro cui in patria non hanno diritto.

Siamo i detentori dei peggiori record: il parlamento più numeroso al mondo, il debito pubblico più alto che aumenta giornalmente, la disoccupazione giovanile altissima, la corruzione come sistema, gli stipendi dei politici più alti al mondo, la burocrazia più asfissiante, una tassazione diretta e indiretta insopportabile, le pensioni bassissime e quelle altissime che possono esistere solo in Italia, i servizi sociali più scadenti o inesistenti, le scuole cadenti, la classe politica più inetta, e mi fermo qui. A fronte di queste sciagure siamo il popolo più fantasioso e laborioso, abbiamo eccellenze nella scienza, nella moda, nella gastronomia, nell'enologia, nell'industria, nella protezione civile, abbiamo, in poche parole, quel made in Italy che tutto il mondo ci invidia e copia, ma che mai riuscirà a emergere perché trova ostacoli insuperabili sul suo cammino, ostacoli prodotti da chi è preposto a incrementarne lo sviluppo.

Per risolvere questi immani problemi, causati da decenni e decenni di malgoverno, cosa stanno facendo coloro che si autodefiniscono nostri rappresentanti? Parlano, parlano, parlano, manovrano dentro i loro partiti o movimenti, si scindono, si riaccoppiano, continuano a fondare altri partiti, creano fondazioni, aiutano banche in fallimento perché mal governate da manager licenziati con indennità milionarie. Tutti, a sinistra al centro e a destra, senza escludere i pentastellati multicolori.

Migliaia di imprese chiudono o scappano, migliaia di giovani emigrano per cercare lavoro (la cosa più buffa è che riescono a trovarlo anche in Bulgaria, considerata la nazione più povera dell'Unione), migliaia di pensionati disperati cercano una spiaggia amica dove approdare, purché fuori dall'Italia, e questi nostri cosiddetti rappresentanti cosa fanno? Pensano a come dividersi e moltiplicarsi, per continuare a scarnificare quelle poche cose buone ancora in vita. Il pensiero è rivolto solo a legge e campagna elettorale, congressi, gazebo e riforme mal riformate, mentre i terremotati aspettano ancora un rifugio o un aiuto per il bestiame perso.

In cambio, come dicevo, queste imprese che delocalizzano, questi giovani che cercano lavoro fuori dall'Italia, i pensionati che vanno a sopravvivere lontani dalla patria e dagli affetti più cari, sono visti come fumo negli occhi e considerati i vigliacchi che hanno preferito scappare, anche da chi dovrebbe domandarsi, come ministro del lavoro, perché se ne vanno e trovare una soluzione al problema.

Restando sempre a Roma, quella antica e mitica che aveva conquistato tutto, vorrei ricordare Cicerone che, rivolgendosi a Catilina, il cattivo di turno dell'epoca, così lo apostrofava in Senato: “Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?”, che tradotto oggi, non in Senato ma nelle piazze, suonerebbe così: “Fino a quando, senatori deputati e politici tutti onesti corrotti e inetti, abuserete della nostra pazienza?”. Noi siamo pazienti quanto Giobbe, ma anche lui infine perse la pazienza… e allora sarà pianto e stridore di denti.